di Domizia Dalia
Attenzione al cibo, a ciò che mangiamo e a come nutriamo i nostri figli fin da piccolissimi. Sono queste le tematiche sempre più attuali e discusse dai vari organi competenti. I dati recepiti provengono da molteplici fonti e presentano tutti andamenti analoghi: il problema obesità infantile è in calo, ma coinvolge ancora una percentuale troppo alta di ragazzi, infatti, circa il 21-23% dei minori è in sovrappeso. Se ne discute da tempo e oggi gli addetti al settore sia nel pubblico che nel privato, si trovano d’accordo nel prendere un’unica direzione, quella che porta alla consapevolezza sul valore del cibo.
Diversi gli esempi attivi sul nostro territorio. Recentemente Coldiretti Emilia Romagna, in occasione del primo premio regionale di Educazione Campagna Amica assegnato al progetto realizzato dalla scuola primaria ‘T. Righi’ di Brescello, ha sottolineato come nella nostra regione “il 6% dei ragazzi salta la prima colazione e il 33% consuma una colazione non adeguata, il 19% non consuma quotidianamente frutta e verdura e il 35% beve tutti i giorni bibite zuccherate e/o gassate”.
Durante la premiazione a Bologna la Coldiretti si è impegnata a sensibilizzare i ragazzi verso una corretta alimentazione presentando anche una guida di “pasti-tipo” e un vademecum per un equilibrato pranzo al sacco. Un pasto corretto – sottolinea Coldiretti regionale – dovrebbe essere composto da carboidrati (pasta, pane, riso, farro, orzo, patate), abbinati ad una fonte proteica (carne, formaggi, uova, legumi, pesce) con una quota di fibre e vitamine (verdure e frutta di stagione) con grassi “buoni” come l’olio extravergine d’oliva. Fondamentale è anche assicurare le giuste quantità a seconda dell’età dei ragazzi, per garantire un corretto apporto di calorie e nutrienti ed evitare situazioni di sovrappeso o addirittura obesità.
Sorprendente è anche l’esempio del progetto partito da Reggio Emilia chiamato Food Shuttle un laboratorio edu-tech itinerante con lo scopo di istruire attraverso tecniche innovative gli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado di tutta Italia. Un’idea ambiziosa messa in piedi da CirFood – azienda leader nella ristorazione scolastica che mette a tavola 300mila studenti in diciassette regioni italiane –, la Fondazione Reggio Children – Centro Loris Malaguzzi, l’agenzia di comunicazione multicanale Proxima e l’architetto Francesco Bombardi progettista della navicella che metaforicamente, atterrerà nelle scuole italiane richiedenti. Approfondiamo l’argomento proprio con l’architetto che ha saputo mettere a servizio di questo progetto anche l’esperienza raccolta come consulente al Miur per i nuovi laboratori nelle scuole italiane. Ricordando anche che Bombardi rappresenterà il prossimo novembre l’Italia nella Israel & Italy Task Force Ed-Tech a Tel- Aviv.
Architetto, parliamo del progetto Food Shuttle di cui lei è parte attiva. Spieghiamo meglio di cosa si tratta…
Il Food Shuttle è un laboratorio pop-up che arriva nelle scuole per trasformare il momento quotidiano del pasto in una straordinaria opportunità di conoscenza, o presa di coscienza, del valore del cibo e del territorio da cui proviene.
Durante le ore di laboratorio i ragazzi cosa imparano e che attività svolgono?
Il Food Shuttle ha una presenza scenica studiata per incuriosire i ragazzi, attraverso luci, suoni e colori. Tutto lo staff si mette in gioco per dare forza evocativa all’immaginario legato allo spazio che, in realtà, non è altro che una metafora del viaggio, dello spirito di esplorazione. In questo caso si tratta di indagare il mondo del cibo, accompagnati dal team di educatori di Fondazione Reggio Children, dai cuochi e nutrizionisti di CirFood e da Proxima.
Parliamo di un laboratorio Edu Tech, quali gli strumenti utilizzati?
Gli strumenti a bordo sono stati scelti e combinati per favorire l’esperienza di esplorazione e trasformazione del cibo per i bambini. Microscopi digitali, lenti, ologrammi, vaporizzatori, essiccatori ed estrattori consentono di costruire una esperienza sensoriale molto ricca e diretta, con la possibilità di toccare e assaggiare i prodotti. Allo stesso tempo i visori a 360 gradi permettono di creare un collegamento virtuale diretto con il territorio da cui provengono gli stessi prodotti. Infine le nuove tecnologie digitali di frontiera, come stampanti 3D (ad uso alimentare), termoformatrici e lasercut consentono di ripensare il cibo e ridare nuove forme ai prodotti così come sono stati trasformati.
Le scuole finalmente affrontano con maggiore interesse il tema dell’alimentazione. Un progetto come questo permette quindi di sensibilizzare i più giovani proprio sul valore del cibo. Come è nata l’idea del Food Shuttle?
Le scuole, soprattutto quelle Reggiane, lavorano già da tempo sulla sensibilizzazione al tema dell’alimentazione. Questo progetto aggiunge la forza di una azienda leader come CirFood che ha saputo coinvolgere competenze interdisciplinari e metterle a sistema, scommettendo su una sperimentazione per nulla scontata. Con il Food Shuttle prende forma un’idea possibile per rendere più piacevole e gradevole il momento del pasto per i nostri bambini. Le cucine e le sale pranzo nelle scuole, ma anche nelle nostre case, sono spesso luoghi inospitali e inaccessibili mentre potrebbero diventare dei laboratori straordinari per l’apprendimento. Il Food Shuttle sostituisce per un giorno il carrello di acciaio da cui vengono serviti quotidianamente i pasti; il minestrone servito quel giorno, dopo l’attività conviviale di laboratorio con verdure e ortaggi, è più buono di prima. Chiedetelo ai bambini.
Lei, in modo particolare si è occupato della progettazione di questa “navicella”. Come è stata pensata?
Il progetto è ispirato alle macchine leonardesche e alla struttura dell’atomo, è disegnato per passare da una porta ed aprirsi al centro della sala pranzo per inondarla di luci, suoni, immagini, colori e profumi. Le tecnologie integrate sono state individuate e scelte grazie ad una ricerca approfondita e ai test con gli educatori, secondo studi di flusso ed ergonomia compatibili con il numero di bambini di una classe.
Un progetto supportato anche da una piattaforma digitale online…
Il progetto vuole stimolare un patto tra bambini, insegnanti e genitori e, al di là dell’esperienza di un giorno nella scuola, ha l’ambizione di porsi in continuità con la ricerca eventualmente già svolta dagli insegnanti e con le attività che si potranno progettare in futuro. Molte delle esperienze svolte si possono reinterpretare e replicare a casa, anche grazie alla piattaforma online ed al lavoro degli esperti in comunicazione di Proxima che fanno parte del team. Personalmente credo che avere la fortuna di cucinare in modo curioso, giocoso e consapevole con i propri bambini, a scuola come a casa, possa essere una grande opportunità di apprendimento e di trasferimento di conoscenza. Ricordiamoci che siamo italiani, emiliano romagnoli, reggiani. Abbiamo sempre un vantaggio sul tema della cultura del cibo, da trasmettere alle prossime generazioni.
Chi può partecipare?
In questa fase, dopo la presentazione a Milano al Festival AltroConsumo, stiamo svolgendo delle attività pilota per perfezionare il modulo nell’area di Reggio Emilia e Modena.
Una volta effettuati i test e realizzati i necessari aggiustamenti al prototipo, CirFood valuterà la possibilità di far “atterrare” il Food Shuttle in molte scuole Italiane.
Alcune scuole di Reggio Emilia hanno già ospitato questo laboratorio itinerante, quali sono stati i risultati ottenuti?
I risultati sono stati sorprendenti. Lo posso dire per l’entusiasmo che ho visto nei bambini, ma anche nel coinvolgimento e partecipazione degli insegnanti e dei genitori; una soddisfazione che giustifica gli sforzi di un anno di lavoro di preparazione.
Raccoglieremo dati e risultati delle varie esperienze (alcuni già disponibili sul sito foodshuttle.it) anche per costruire un’alleanza allargata nella condivisione.
Lei oltre ad essere architetto è anche un consulente del Miur, per quanto riguarda questo tipo di laboratori. Tra l’altro in ambito Education ha anche vinto il Frame Award come Best learning space of the year 2018 e il German Design Award 2018 per il “Il laboratorio scientifico sul cibo” ideato per la scuola di Verbania, sempre in collaborazione con la Fondazione Reggio Children. In che cosa l’ha aiutata la sua formazione?
Essere architetto serve a pretendere qualcosa in più rispetto alle aspettative sulla qualità degli spazi in cui i nostri bambini passano la maggior parte del loro tempo. Fare ricerca in ambito tecnologico aiuta a mantenersi aggiornati e a darsi gli strumenti per progettare esperienze complesse. Collaborare con gli educatori è fondamentale per dare al progetto il giusto filtro pedagogico.
Attraverso queste attitudini ho costruito negli ultimi anni alcuni strumenti per raccogliere la sfida dell’innovazione nelle scuole, ma il segreto sta nell’essere disposti ad imparare continuamente, anche dai bambini, e lavorare con loro, non per loro.