di Domizia Dalia

“Chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia non sa quel che trova”. Questo antico proverbio ha lo scopo di mettere in guardia verso le difficoltà che i cambiamenti a volte portano. Non è questo il caso della reggiana Valeria Robecco, classe 1981, che da avvocato affermato ha deciso di cambiare rotta trasferendosi a New York e intraprendendo la professione di giornalista. Una carriera fulminea, dato che la giovane concittadina ha bruciato le tappe diventando in soli nove anni corrispondente per diverse testate tra cui Il Giornale e la Stampa. Dal 2014, inoltre, ricopre un ruolo attivo presso L’Unca – United Nations Correspondents Association –, diventandone anche Presidente per il 2019. Il nuovo prestigioso incarico le ha permesso di ottenere il record come prima donna italiana a rivestire questo ruolo. Un traguardo importante raggiunto da Robecco con impegno e determinazione, caratteristiche che la contraddistinguono da sempre.
Valeria, il tuo 2019 inizia con un nuovo importantissimo incarico. Sei, infatti, appena stata nominata Presidente dei corrispondenti alle Nazioni Unite – UNCA –, una carica che viene assegnata per la prima volta ad una giornalista italiana…
È un incarico che ho cercato con forza. Sono onorata di tenere alto il nome dell’Italia, delle donne e dell’informazione in un momento in cui i giornalisti sono sotto attacco in tutto il mondo.
Dal 1948 l’UNCA è l’organismo di rappresentanza e tutela dei giornalisti del Palazzo di Vetro, ben 250 corrispondenti provenienti dai 193 Paesi membri dell’Onu. Quali sono le attività principali sulle quali ti concentrerai durante questo anno di presidenza?

Prima di tutto dare voce ai giornalisti, facilitare i rapporti dei membri della stampa con l’Onu e i diplomatici delle varie missioni. L’accessibilità è uno dei maggiori problemi che dobbiamo fronteggiare, soprattutto durante la settimana dell’Assemblea Generale, in settembre, quando al Palazzo di Vetro arrivano capi di stato e di governo dai quattro angoli del pianeta. Tra le nostre attività c’è poi quella di raccogliere fondi per il nostro annuale Unca Gala Awards.
Il diritto alla libertà di stampa – sancito anche dall’articolo 21 della nostra Costituzione – è certamente uno dei punti fondamentali dai quali non si può prescindere. Purtroppo però, in molti Paesi si è soggetti a restrizioni e controlli. Un tema, questo, a cui sei molto sensibile…

I giornalisti sono sotto attacco in tutto il mondo come forse mai prima d’ora, basti pensare alla morte del collega saudita dissidente Jamal Khashoggi, barbaramente ucciso all’inizio di ottobre. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres recentemente ha ricordato che in poco più di un decennio oltre mille reporter sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro, di cui 88 solo nel 2018. L’Unca è per sua vocazione impegnata costantemente nella protezione dei giornalisti e della libertà di stampa. Negli ultimi anni siamo intervenuti in diverse occasioni a difesa dei reporter dell’Onu che ci hanno segnalato problemi, dalla logistica a questioni più serie, battendoci per trovare una soluzione con il segretario generale, e non solo. Inoltre, da tempo l’Unca sta facendo pressione perché l’Onu nomini un UN Special Representative for the Protection of Journalists, istanza che mai come quest’anno ribadiamo con forza, e che mi sta particolarmente a cuore.
Di recente ti abbiamo vista durante gli Unca Awards 2018, i premi per la miglior copertura mediatica delle Nazioni Unite e delle sue agenzie. Un evento a cui hanno partecipato anche George Clooney con la moglie Amal, protagonista di un intervento particolarmente sentito…

Ogni anno con l’Unca Awards, alla presenza del segretario generale, l’United Nations Correspondents Association assegna premi per l’eccellenza nel giornalismo relativi alla copertura dell’Onu, delle agenzie affiliate e delle sue missioni. Lo scorso dicembre ospite d’onore era Amal Clooney, che ha ricevuto l’Unca Global Citizen of the Year per il suo impegno in difesa dei diritti umani. Durante la serata, a cui ha partecipato insieme al marito George Clooney (e ai genitori di lui, Nick e Nina), ha tenuto un lungo discorso sulla libertà di stampa nel mondo e ha voluto onorare i giornalisti per il loro impegno. Da elogiare la sua disponibilità, non si è tirata mai indietro a richieste di selfie e strette di mano.
Da Reggio Emilia a New York. Hai lasciato una brillante e avviata carriera come avvocato per aprire le porte al giornalismo. Un cambiamento radicale che denota molto coraggio. A nove anni di distanza quel è il tuo bilancio?
Il bilancio è positivo, anche se non mancano gli ostacoli. Ho deciso di levare i panni da avvocato per vestire quelli della giornalista, per di più a migliaia di km di distanza dall’Italia, seguendo una strada sicuramente più complicata, ma anche più stimolante e interessante per le mie esigenze.
Corrispondente per diverse testate, tra cui Il Giornale e l’agenzia Ansa, ti occupi prevalentemente di politica americana e degli affari internazionali. Hai avuto l’occasione di seguire in prima linea le ultime campagne elettorali e la vittoria di Trump nel 2016. Sarà stata un’esperienza incredibile…

La campagna elettorale del 2016 è stata un’esperienza che non dimenticherò, a livello professionale ma anche personale, perché mi ha dato l’opportunità di scoprire e conoscere un’ampia parte di questo Paese. E altrettanto affascinante è stato seguire la cavalcata elettorale di Trump, su cui nessuno avrebbe scommesso nulla. Ricordo in particolare un giorno del febbraio 2016, c’erano le primarie repubblicane in South Carolina e mi trovavo a Myrtle Beach, una località di mare molto frequentata dai militari, affollata in estate, ma quasi deserta d’inverno. Ai comizi dei suoi avversari c’erano poco più di un centinaio di presenti, mentre Trump ha riempito un palazzetto dello sport da oltre 12mila persone. Lì ho iniziato a rendermi conto della portata del movimento che si stava sviluppando.
Ultimamente molti occhi sono puntati sulla giovanissima Alexandra Ocasio-Cortez, la democratica progressista neoeletta nel suo distretto per la Camera nello stato di New York. Secondo te è un fenomeno reale?
Penso che Alexandra Ocasio-Cortez sia l’emblema della svolta progressista del partito democratico. Alle ultime elezioni di Midterm non c’è stato quel successo travolgente in cui i dem speravano, ma i candidati che sono andati meglio sono stati proprio quelli dell’ala liberal. Anche se dopo la clamorosa sconfitta di Hillary Clinton nel 2016 i democratici non hanno ancora trovato un nuovo leader, come dimostra il fatto che le primarie 2020 potrebbero essere le più affollate dagli anni Novanta per la sinistra.
Una reggiana a New York, che cosa ti manca di più della tua città?
Sicuramente la mia famiglia e gli amici di sempre, anche se per fortuna riesco a tornare abbastanza spesso, almeno quattro volte l’anno. La cucina invece la ripropongo qui ogni volta che ci ritroviamo a casa mia con gli amici newyorkesi.