di Marina Davolio

Monte Cavalbianco (foto Alberto Fangareggi)

La montagna è un ambiente magnifico ma può presentare alcuni pericoli. Per ridurre i rischi e godere in pieno della sua bellezza è pertanto necessario viverla in sicurezza. In tutte le attività svolte in ambiente montano quello che a volte manca è infatti la capacità di percepire e soprattutto prevedere una situazione di pericolo. Vale la pena, per queste e molte altre ragioni, spendere qualche parola su quella che è la nostra e altrui sicurezza.
Molti desiderano trascorrere in montagna belle giornate, con il sole e sulla neve se è inverno. La montagna d’inverno ha un incredibile fascino e permette di praticare diverse discipline come sci di discesa e di fondo, sci alpinismo, ciaspolate o semplici passeggiate, ma sempre preparati per affrontarla in piena sicurezza.
Se si vogliono seguire itinerari innevati, indipendentemente da quello che si sceglie di fare, occorre prima di tutto leggere i bollettini nivometeorologici almeno 3 o 4 giorni prima della gita e scegliere tra gli itinerario quello più sicuro. Se il bollettino indica pericolo di distacco di valanghe di grado 2 o 3, bisogna essere prudenti; ma se il grado è 4 o 5, la gita deve essere annullata. Consigliabile inoltre prendere informazioni presso gli uffici delle guide del posto e, se si è soli (cosa peraltro non consigliabile), lasciar sempre detto dove si è diretti. Preparare adeguatamente lo zaino prendendo pala, sonda e ARTVa (localizzatore per valanga) e portare carta topografica della zona, bussola e GPS.

Neve autunnale nei boschi del Cerreto (foto Carlo Possa)

«Partire sempre molto presto – scrive Stefano Ovi, componente della Commissione Sentieri ed esperto di meteorologia, su Il Cusna di dicembre, il periodico della Sezione Cai di Reggio Emilia – tenendo conto che il comportamento, la neve fresca, l’azione del vento, l’inclinazione del pendio e il forte riscaldamento, possono contribuire al distacco di valanghe. Quando si parla di escursioni in ambiente innevato, siano esse scialpinistiche, con le ciaspole o a piedi è infatti impossibile non pensare al rischio valanghe, che è fortemente correlato all’innevamento e alle condizioni meteo. Beninteso, non si tratta soltanto della situazione meteo del giorno in cui si fa l’uscita, ovviamente importante, ma soprattutto delle condizioni meteo che si sono manifestate nei giorni precedenti all’escursione. È infatti opportuno porsi domande tipo: È nevicato? E quanto? Da dove soffiava il vento? È nevicato su altri strati di neve? Precedentemente è piovuto? Rendere le persone consapevoli del pericolo è più efficace della proibizione».
Le statistiche dicono che una grossa percentuale degli incidenti in montagna riguarda gli escursionisti meno esperti, a volte non consapevoli delle difficoltà dell’itinerario scelto, altre non preparati ai bruschi cambiamenti delle condizioni atmosferiche, altre ancora non in possesso di equipaggiamento adeguato.

Soccorso Alpino Emilia-Romagna

Con il progetto SICURI in MONTAGNA il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, il Club alpino italiano con il Servizio Valanghe Italiano, le Scuole d’Alpinismo e Scialpinismo, le Commissioni e Scuole Centrali di Escursionismo, Alpinismo Giovanile, Enti e Amministrazioni che si occupano di montagna promuovono iniziative miranti alla prevenzione degli incidenti perché si sa che la pratica della montagna richiede conoscenza, esperienza, preparazione, capacità di valutazione e prudenza. In questo senso risulta di fondamentale importanza far crescere una consapevolezza personale insieme a un buon bagaglio tecnico.
«Quando si parla di attività in montagna – riporta in un editoriale de Il Cusna Massimo Bizzarri, presidente della Sezione Cai di Reggio Emilia e istruttore di scialpinismo – bisogna mettere in evidenza pericoli oggettivi (caduta sassi, valanghe, altezza, frane, fulmini, ecc.) e pericoli soggettivi (condizioni di salute, condizioni fisiche, abbigliamento, capacità tecniche, e altro ancora) legati a fattori personali. Sta quindi a noi svolgere le corrette e dovute valutazioni, cercando di comprendere a quale grado di rischio saremo sottoposti con quella determinata azione. Il rischio, in definitiva, lo scegliamo noi. Posso scalare utilizzando tutte le migliori tecniche, i migliori attrezzi ma ciò non eviterà il rischio di cadere (che dipende da cosa so e da come lo so fare) e quindi di farmi male. Chi, per esempio, arrampica in free-solo (senza alcuna assicurazione) conosce il pericolo oggettivo (verticalità), soggettivo (limite delle proprie capacità) e il rischio (caduta fatale), ma ugualmente sceglie e scala».
Ma siamo liberi di prenderci tutti i rischi che vogliamo? E posso vietare ad altri di essere liberi? «No, non posso (tralasciando il discorso sui danni che la mia azione può procurare a terzi) ma devo cercare – risponde Bizzarri – di far comprendere che in teoria, se tutto è possibile, vi sono però metodologie e conoscenze che permettono di limitare il rischio e spesso anche il pericolo. Nel caso non ritenessi sicuro il pendio o non mi sentissi di affrontare quella difficoltà, decido di rinunciare, sperando in un momento più favorevole. Il nostro compito come Cai è proprio questo, far conoscere la montagna, far conoscere le tecniche, ma più di tutto, far capire che solo applicando le giuste conoscenze (materiali, analisi pericoli e studio su come risponde il nostro corpo e la nostra “testa”), possiamo affrontare determinate situazioni con il minor rischio possibile».

Nebbia verso il Passo del Lagastrello (foto Carlo Possa)

Luca Pezzi, responsabile del Soccorso Alpino Sezione Monte Cusna, spiega sul periodico del Cai uscito nell’inverno 2016: «Prima di dare consigli ci tengo a parlare della “consapevolezza dell’andar in montagna”, creare una cultura dell’andare per monti in sicurezza non è facile soprattutto in questo momento storico dove spesso attraverso i social assistiamo alla banalizzazione della montagna, osserviamo la gara di chi “posta” il video più incredibile e spericolato, dove si enfatizza solo l’aspetto ludico della montagna ma si trascura la pericolosità e il giusto approccio che ogni appassionato deve avere. Per non parlare di chi non frequenta questo meraviglioso ambiente secondo cui, la montagna è solo un banale terreno di gioco o, purtroppo, la montagna diventa interessante solo quando è assassina. Per tutti questi motivi è sempre più importante creare consapevolezza della montagna. Tutte le istituzioni preposte devono fare uno sforzo per far sì che ogni persona che va in montagna, lo faccia con la giusta preparazione nel rispetto delle regole».
«La montagna è sempre bella, – scrive Sandro Sterpini su Il Cusna di dicembre – chiaramente anche il nostro Appennino ha il suo fascino sia d’estate che d’inverno. La principale differenza è se c’è neve al suolo oppure no. In quanto la presenza di neve al suolo comporta un pericolo maggiore e di conseguenza una maggiore preparazione e conoscenza da parte dell’escursionista. Le procedure per forza di cose cambiano da stagione a stagione, sicuramente in inverno la gita deve essere pianificata prima di tutto a casa in quanto i sentieri che siamo abituati a percorre sono ricoperti dalla neve e spesso attraversano zone o pendii pericolosi, quindi sono da evitare. Sia la neve che il freddo, nascondono diversi pericoli che se sappiamo quali sono e come vanno gestiti, riusciamo anche a ridurne i rischi. Per quanto riguarda il freddo, i pericoli, e di conseguenza i rischi, riguardano sostanzialmente tutte le possibili patologie legate a raffreddamento, congelamento, ipotermia e alla presenza di ghiaccio sul terreno, che possono in buona parte essere ridotti con un buon abbigliamento ed equipaggiamento, mentre per quanto riguarda la neve il pericolo principale è costituito dalle valanghe e quindi dobbiamo sapere come, quando e dove questo pericolo potrebbe manifestarsi e comportarci di conseguenza. Sulla montagna innevata quindi il rischio zero non esiste.

Ecco in sintesi 10 consigli tecnici per una maggiore sicurezza:

  • Scegliamoci i compagni, condividiamo con altri (ma non troppi) la gita, non andiamo mai da soli.
  • Pianifichiamo accuratamente la nostra gita (itinerario, tempi, attrezzatura e abbigliamento).
  • ARTVa, SONDA e PALA sempre con noi, anche quando non ci sembra possano servire. Se non li sappiamo usare frequentiamo un corso e ogni tanto esercitiamoci.
  • Leggiamo bene punto per punto il bollettino meteo e il bollettino valanghe, non limitiamoci a guardare le figure o i numeri.
  • Teniamoci sempre in tasca un piano B: la montagna cambia sempre e noi dobbiamo cambiare con lei.
  • Rispettiamo gli altri e l’ambiente in cui ci troviamo.
  • Teniamo il telefono, magari silenzioso o spento (non daremo fastidio a nessuno e avremo la batteria carica in caso di necessità), possibilmente lontano dall’ARTVa: potrebbe ostacolarne il corretto funzionamento.
  • Avvisiamo parenti e/o amici prima della partenza comunicando dove andiamo e quando rientriamo al bar-macchina-hotel: le persone care non staranno in pensiero.
  • Facciamo sempre in modo di sapere dove ci troviamo (vallone, alpeggio, ecc.); se siamo tecnologici scarichiamoci una delle app che ci consentono di conoscere la nostra posizione in caso di necessità (tipo GeoResQ gratuita per i soci Cai). Teniamo i nostri compagni sempre a vista e a distanza di sicurezza sulla neve (minimo 10 m in salita e minimo 50 m in discesa).
  • Non dobbiamo aver paura a rinunciare e tornare indietro senza foto di vetta se il sesto senso ce lo consiglia: non è uno smacco, è un segno di responsabilità».

Per informazioni: http://www.caireggioemilia.it