di Ivan Spelti

Qualche giorno fa il mio nipotino di sei anni volle parlarmi dei dinosauri e di come morirono.
Nella mano destra aveva una pallina e spostandola verso il basso, dopo un “wrum!” e un “pruf!” prolungati mi spiegò che tanti e tanti anni fa un sasso gigantesco proveniente dallo spazio era caduto in terra, aveva fatto un grosso buco, fatto evaporare l’acqua e incendiato tutto.
Così, mi disse, i dinosauri (che sono sempre stati una sua passione tanto che ne conosce i nomi meglio di me) si sono estinti. Disse proprio “estinti”, un termine che io me lo sognavo alla sua età, a conferma della buona scuola che sta frequentando a tempo pieno.
La sua lezioncina al nonno lo inorgogliva.

Parliamo dunque dei dinosauri e perfezioniamo l’idea, peraltro largamente corretta, di Alessandro. Il fenomeno delle estinzioni di massa si è ripetutamente verificato nel corso dell’evoluzione della Terra e dei viventi, per cause sia generali (interessanti l’intero pianeta) che parziali, limitatamente ad aree più circoscritte.
Tra le cause generali annotiamo le variazioni climatiche: un clima più rigido modificava i livelli marini e provocava migrazioni nei viventi. Circa 65 milioni di anni fa, nella transizione tra due Ere (la Mesozoica e la Terziaria) scomparvero molti gruppi di viventi. Vi fu l’estinzione dei dinosauri, di molti molluschi e del plancton marino. Sopravvissero coccodrilli, tartarughe, insetti, uccelli, mammiferi. Anche molte piante sopravvissero: le angiosperme (quelle con i fiori) erano già presenti prima della fine del Cretacico.
Le estinzioni di massa del periodo Cretacico, causate quindi dalle variazioni climatiche planetarie, sembrano essere state causate fondamentalmente da due eventi: una intensificata attività vulcanica e l’impatto di un corpo celeste sulla superficie terrestre. Entrambi i fenomeni provocarono una fortissima riduzione della luce solare, privando i vegetali di nutrimento, riducendo drasticamente le scorte di cibo dei grandi erbivori tra i primi ad estinguersi e conseguentemente lasciando i carnivori senza prede.
Le gigantesche eruzioni vulcaniche (in particolare nell’antica India) avrebbero prodotto polveri e gas in quantità talmente elevata da oscurare a lungo il Sole ed indurre precipitazioni di piogge acide, che del resto si sono frequentemente succedute, e anche di recente abbiamo sperimentato (come nel 1991, per il vulcano Pinatubo nelle Filippine).
Il rilascio e lo stazionamento delle polveri in alta atmosfera provocarono carestie. Il risultato fu simile a quello di un gigantesco effetto serra che portò al collasso l’ecosistema esistente.

Nel 1980 Luis Alvarez (premio Nobel per la fisica) e il figlio Walter, professore di scienze planetarie, si dissero convinti, esaminando concentrazioni insolite dell’elemento chimico iridio (rarissimo sulla Terra, ma comune delle meteoriti) che l’estinzione dei dinosauri era conseguente all’impatto terrestre di un grande meteorite.
L’oggetto doveva avere circa un diametro di 10-20 Km, velocità d’impatto di 30 Km/s, sarebbe penetrato per 30 km in profondità, avrebbe liberato un’energia equivalente all’esplosione di 100 miliardi di tonnellate di tritolo.
Lasciò un cratere largo 176 km nella penisola dello Yucatan in Messico, avvenuto 300.000 anni prima della scomparsa dei dinosauri datata a circa 65 milioni di anni fa. In seguito, la datazione dell’evento fu posta a 66 milioni di anni fa (con un errore di 11.000 anni).
Oltre a questo più celebre impatto è da ricordare anche il cratere di Shiva nel fondo dell’Oceano Indiano, prodotto da un meteorite di 40 km di diametro che provocò un cratere di 500 km, a conferma che in quel tempo gli impatti non erano né isolati, né insignificanti.
Nello Yucatan, la roccia venne fusa, scagliata in aria fino a 10 km di altitudine e i detriti, tornati a terra, avrebbe formato l’anello che si osserva intorno al cratere.
Le teorie odierne non cancellano alcuna delle due cause (meteorite e/o vulcani), bensì accreditano una serie di concause come responsabili della scomparsa dei grandi rettili.
Come a dire che un meteorite gigantesco ci fu, forse ce ne furono diversi altri, ma anche l’intensa attività sismica ebbe un ruolo fondamentale. Un gelido inverno avrebbe ricoperto il suolo terrestre, in un ambiente di nubi persistenti incombenti che impedirono per anni la vista del Sole.

In definitiva, la Terra fu ferita da una serie di eventi temporalmente avvenuti a pochi milioni di anni di distanza tra loro e tutti tendenti ad una variazione del clima che ebbe tragiche conseguenze su molte specie di viventi: abbassamenti repentini delle temperature in un ambiente generalmente caldo portarono molte creature sull’orlo dell’estinzione con un’estinzione di massa valutata intorno al 70%.
Sicuramente nessuna ipotesi è scevra da critiche metodologiche o di misura (datazione): di certo l’estinzione non si è compiuta in 1.000 anni o 10.000 anni, ma nell’ordine delle centinaia di migliaia di anni, dopo diversi tentativi di adattamento e migrazioni dei viventi, alla fine fiaccati, come dimostrano le varie parti del pianeta dove sono stati rinvenuti resti di dinosauri.

Vi è poi una serie di ricerche che portano a vedere i risultati della crisi esistenziale di massa. Tutti gli animali più pesanti di 10 kg sparirono e la nicchia evolutiva favorì il rimanere in vita dei mammiferi di piccola taglia, degli uccelli, alcuni rettili e lucertole, coccodrilli, tartarughe.
Del resto, in un periodo più recente risalente a 10 milioni di anni fa scomparvero i mammuth: ma questa è l’Era Glaciale dei cartoni animati di mio nipote, con simpatici animali che ne combinano di tutti i colori, ed è veramente un’altra storia.