di Emanuele Filini
Fontanesi, Antonio (Reggio Emilia 23-2-1818 / Torino 17-4-1882) Pittore, incisore. Cresciuto alla scuola di Prospero Minghetti, iniziò la sua carriera artistica come scenografo e decoratore, dedicandosi anche alla pittura murale. Contemporaneamente poi sviluppò uno spiccato interesse verso la rappresentazione del paesaggio, che personalizzò al punto da risultarne uno dei maggiori interpreti dell’ottocento italiano.
La sua vivace e turbolenta vicenda politica lo portò a fuggire diverse volte, quindi a girare l’Europa, procurandogli, per contro, una conoscenza diretta di tutte le correnti artistiche del momento. Fu in Svizzera, Francia e Gran Bretagna. Dal 1847, a periodi alterni, visse a Torino dove dal 1869 fu titolare della cattedra di paesaggio all’Accademia Albertina. Nel 1876 lasciò l’Italia per insegnare all’Accademia di Belle Arti di Tokyo, e, a questo periodo risalgono le sue opere di chiara influenza giapponese.
Universalmente conosciuto come uno dei massimi rappresentanti della pittura italiana dell’800, è sicuramente riconosciuto come il più importante incisore italiano del suo secolo.
Antonio Fontanesi anticipò di molto il superamento della fredda visione realistica del paesaggio, privilegiandone la sensazione emotiva. Soleva dire agli allievi: “se devi fare un paracarro, una chiavica, un cavolo, non stare a cercarne prima la bellezza, fallo e basta! … il resto lo fa il pennello”. Oltralpe l’avevano definito: l’obscur peitre, demis-fou.(l’oscuro pittore, mezzo matto).