di Isabella Trovato
Una nuova sfida letteraria l’opera di Rita Coruzzi, scrittrice reggiana che lascia per un momento la storia, grande protagonista delle sue passate opere, per raccontare una storia di riscatto umano e sociale. Il caso di Mohamed Alì Ndiaye
“In questo libro – spiega Rita – il protagonista è vivente, abita in Italia a Pontedera. Ho tralasciato, ma solo momentaneamente, la storia antica, per raccontarne una recente, dei giorni nostri, perché ho creduto che i valori in essa rappresentati vadano conosciuti e divulgati. Mouhamed Alì Ndiaye è un pugile senegalese, omonimo del famoso boxeur Cassius Clay, di cui il padre gli ha dato il nome, segnando così il suo destino, quello di diventare un campione di boxe. Dopo essere stato campione del Senegal per 3 volte, Alì decide di venire in Europa per vincere titoli più prestigiosi e puntare a quelli mondiali, ma le cose non sono semplici, anzi ad un certo punto tutto sembra crollare, e il suo sogno svanire. Il permesso di soggiorno è scaduto, lui diventa clandestino e pare destinato a fare il “vu cumprà” per sempre. Tuttavia con la sua incrollabile forza d’animo, con la determinazione, l’orgoglio e la volontà, e soprattutto grazie all’aiuto di sua moglie, riesce ad ottenere la cittadinanza italiana e a tornare a combattere, fino a diventare un vero campione, come aveva sempre sognato. Si tratta perciò di una storia personale di riscatto, ma anche di valori sociali quali l’integrazione e l’immigrazione. Alì è ora una persona dedita al sociale, infatti dopo il ritiro dal pugilato a causa del distacco della retina, è stato volontario dei vigili del fuoco e ora è mediatore interculturale per la Croce Rossa. E’ stato nominato ambasciatore per i disabili di tutta l’Africa occidentale, ed è già riuscito a far arrivare in Senegal numerosi mezzi attrezzati, ambulanze e carrozzine. Sono certa che questo libro conquisterà i lettori, perché narra una storia vera, di oggi, di valori personali e sociali da cui tutti possiamo imparare.
Rita come arriva a conoscere il protagonista di questa storia e quando decide di raccontarne la storia?
Quando uscì il mio primo romanzo storico “Matilde”, io partecipai al concorso letterario “Michelangelo Buonarroti” e lo vinsi. Quando andai a ritirare il premio a Serravezza, incontrai uno dei giurati d’onore, era il famoso giornalista sportivo Franco Ligas. Lo avvicinai per salutarlo e per comunicargli la mia passione per la boxe, di cui lui era stato commentatore per molti anni, avendo fatto la telecronaca degli incontri più importanti degli ultimi tempi. Dopo qualche giorno Ligas mi telefonò e mi chiese se mi sarebbe piaciuto scrivere una storia di boxe, e alla mia risposta affermativa, mi fece incontrare Mohamed Alì Ndiaye. Mi piacque subito come persona, ricordo che il primo incontro fu a Pontedera dove abita con la famiglia, e lì incontrai anche la moglie e i suoi tre meravigliosi bambini. Ci trovammo molto bene insieme, e decidemmo di tentare questa sfida di scrivere la sua storia, che sono sicura arriverà al cuore di molti lettori.
Un campo quello della boxe che tanto la appassiona
Quando avevo circa 4/5 anni il mio pediatra mi fece una domanda alquanto strana. Mi chiese: “Rita, secondo te, com’è la vita?” io risposi, senza nemmeno pensarci: “Per me la vita è come un ring”. Già da allora, pur nella mia inconsapevolezza di bambina, avevo realizzato che nella vita bisogna sempre lottare, e quando si va al tappeto, bisogna rialzarsi e andare avanti fino a quando non suona la campana. Anche oggi per me il ring è la vera metafora della vita, dove tu combatti da solo, affronti le tue sfide a mani nude e cerchi di realizzare i tuoi sogni. E’ vero, abbiamo gli amici, i familiari che ci sostengono, incoraggiano con consigli e incitamenti, ma sul ring della vita ognuno è solo a dover affrontare le proprie sfide. La boxe ha sempre fatto parte della mia vita, anche perché fin dalla mia infanzia guardavo i film di Rocky Balboa, e inoltre credo di avere ereditato questa passione dai miei due nonni, entrambi molto appassionati di questo sport. Il mio nonno materno Giovanni fece anche qualche combattimento da giovane, e rimase sempre un grande estimatore della nobile arte.
Lei vive su una carrozzina. La sua fede è infinita e con la sua forza regala e dispensa coraggio a tante persone. Quanto c’è di Rita Coruzzi nella storia di Mohamed?
Se ho deciso di scrivere la storia di Mouhamed Alì, è anche perché mi ci ritrovo per diversi aspetti. Anch’io infatti lotto per realizzare i miei sogni e credo che nella vita non bisogna “mollare” mai, non bisogna arrendersi, anche quando si va al tappeto, quando la vita ti butta giù con i suoi colpi più duri, bisogna rialzarsi e tornare in piedi, a combattere. Forse proprio perché con me la vita non è stata mai facile e ho sempre dovuto trovare il coraggio di affrontare i grossi problemi e le grandi sfide che avevo davanti, capisco bene Alì che ha superato tanti ostacoli e ha fatto tanti sacrifici per arrivare a realizzare il suo sogno. In un modo diverso, anch’io ho sacrificato molti anni della mia infanzia per fare tanti esercizi fisici e fisioterapia, allo scopo di migliorare le mie condizioni, che si sperava potessero cambiare rendendomi autonoma. E quando purtroppo questo sogno si è spezzato, io sono crollata, ero al tappeto, messa KO. Ma grazie alla mia fede mi sono rialzata, ho trovato un nuovo scopo per la mia vita, ho cambiato i miei sogni. Combattere a volte significa anche questo. Io ho potuto salvarmi dalla disperazione grazie alla fede in Dio, e anche Alì è molto credente. Da musulmano egli si affida ad Allah, e dice sempre “questo si farà se così vuole Allah”. Quando era nelle più grandi difficoltà, è riuscito a risollevarsi perché pensava che se Dio lo aveva portato fino a quel momento, non poteva abbandonarlo. Anch’io, sebbene dalla prospettiva di cristiana, credo fermamente che Dio non abbandoni, e soprattutto si prenda cura dei suoi figli più deboli, più indifesi e in difficoltà e abbia un progetto per ciascuno di noi.
Un’ultima domanda Rita. Il prossimo sogno da realizzare
A dire la verità ho molti sogni nel cassetto da realizzare, uno a cui tengo molto è che un giorno uno dei miei libri possa essere tradotto ed essere pubblicato all’estero. E per questo libro in particolare, “Mi chiamo Mouhamed Alì” spero che possa avere tanto successo e che soprattutto possa aiutare tante persone a sperare, a credere nelle proprie possibilità e a trovare la forza e il coraggio per non arrendersi davanti alle difficoltà e realizzare i propri sogni, proprio come Alì ci insegna.