di Domizia Dalia
Bruno Barbieri non si ferma mai. L’eclettico chef, capace di destreggiarsi fra mille impegni che lo portano a dividersi tra la cucina – suo habitat naturale – e i set dei suoi ormai famosissimi programmi televisivi Masterchef e 4 hotel, è riuscito a pubblicare un nuovo libro di ricette in cui ha messo tutto se stesso. Il titolo “Domani sarà più buono” sottolinea chiaramente il fil rouge che lega ogni idea proposta, ovvero la cucina del riuso. Per ogni piatto chef Barbieri propone una nuova versione, rielaborata e mai banale della ricetta, da poter preparare il giorno dopo e spesso ancora più gustosa. Ad accompagnare le cento ricette i suggerimenti del pluripremiato cuoco – ben sette stelle Michelin in quarant’anni di attività – che indirizzano il lettore verso un modo di cucinare consapevole, basato sul rispetto delle materie prime. Nato a Medicina – paese a pochi chilometri da Bologna – nel 1962, Bruno Barbieri ha imparato sul campo i segreti di ogni alimento e le ricette della tradizione. Il suo legame con l’Emilia Romagna e in parte anche con Reggio Emilia, lo porta a mettere spesso in menù piatti della tradizione locale a volte rielaborati secondo la sua visione, come ci spiega nell’intervista.
Bruno Barbieri, iniziamo parlando del suo ultimo progetto editoriale “Domani sarà più buono. Da ogni piatto possono nascere nuove ricette”. Un libro in cui lei ha dichiarato di “aver messo tutto se stesso”…
“Domani sarà più buono” è nato dalla voglia di tornare a scrivere qualcosa di nuovo e di farlo soprattutto per la gente. Avevo bisogno di far capire che in cucina è fondamentale non buttare via nulla per tanti motivi legati non solo al risparmio economico. Ho provato a creare qualcosa che potesse stimolare la fantasia per dare vita a capolavori di bontà con pochi semplici ingredienti e gesti.
Il tema del riuso in cucina, del valore del cibo e della lotta agli sprechi è ritornato molto in auge, una sostenibilità che deve diventare una vera e propria filosofia…
Assolutamente! In cucina non si butta via nulla e sono convinto che questa idea di gastronomia non debba essere solo una moda, ma debba diventare un vero e proprio modo di ragionare. Dobbiamo pensare che i frigoriferi, anche quelli di casa, non possono essere dei cimiteri. Bisogna imparare a fare la spesa, seguire la stagionalità dei prodotti e tornare al mercato. Dentro al libro ci sono piccoli aneddoti che raccontano tutto questo e stimolano la voglia di creare, rispettando la filiera del prodotto. Emerge un grande valore, ossia il rispetto per il cibo.
Quando si parla dei piatti del giorno dopo, si pensa di riproporli sotto forma di frittata o di polpette, ma sforzandosi e mettendo creatività e inventiva possono essere preparati piatti davvero sorprendenti e a volte, come dice lei “ancora più buoni”. Nel libro suggerisce ben cento ricette, quali sono secondo lei le più riuscite?
Una delle mie preferite è sicuramente la minestra di orzo con cime di rapa, aglio olio e acciughe, squacquerone e polvere di pomodoro. È una ricetta veloce ma molto gustosa, e se avanza si può usare per preparare un’insalata con spezie, pollo arrosto spolpato, magari avanzato anche questo, e verdure in giardiniera. Arricchita, se volete esagerare, con una maionese allo yogurt e polvere di capperi. Una bontà!
Tradizione e innovazione. Un mix perfetto che le ha consentito, in quarant’anni di attività, di conquistare ben sette stelle Michelin diventando lo chef italiano che ne ha prese di più in tutta la sua carriera. Quanto conta per lei la tradizione in cucina?
La tradizione per me è importantissima, è ciò da cui si trae insegnamento e ispirazione quando si muovono i primi passi in cucina. Approcciarsi alla tradizione con affetto è la chiave, bisogna pensare che il cibo è vivo e che occorre rispettarlo in tutta la sua trasformazione. Mai smettere di guardare avanti, ma nemmeno dimenticare da dove si è partiti.
Oggi, si parla molto anche di rivisitazioni ovvero rileggere piatti tradizionali in chiave contemporanea. Lei crede che questo si possa fare sempre oppure ci sono delle pietanze che non possono essere rielaborate?
È tutta una questione di rispetto ed equilibrio. La rivisitazione è stimolante, ma va fatta senza snaturare la ricetta originale, senza la pretesa di stupire a tutti i costi. In cucina ci vuole attenzione, riguardo e saggezza, anche in quella di casa.
Viaggiare per lei è importantissimo, è un viaggiatore instancabile e le piace pensare di essere un “esploratore del gusto”.
Beh, la definizione è azzeccata! Io credo che viaggiare sia fondamentaleper chiunque, a prescindere dal proprio mestiere. Ti permette di aprire la mente ed entrare in contatto con culture e sapori diversi, per un cuoco è vitale. Io ho avuto la fortuna di viaggiare parecchio, questo mi ha consentito di scoprire cibi, spezie e odori che altrimenti non avrei mai avuto l’opportunità di conoscere. Lo shooting di “Domani sarà più buono”, ad esempio, è stato realizzato dal bravissimo Stefano Scatà, scattando non solo in Italia ma anche in numerosi altri paesi tra cui Istanbul. Solo attraverso il confronto con l’altro si cresce e ci si arricchisce di conoscenza.
L’esperienza di Masterchef Italia – a cui partecipa dalla prima edizione – che cosa le ha portato?
Sicuramente Masterchef mi ha dato tante soddisfazioni e la possibilità di conoscere luoghi e persone pazzesche.
Ciò di cui sono più fiero è però il fatto di aver contribuito a risvegliare nella gente l’interesse per il buon cibo e per la conoscenza, lo studio delle materie prime.
Si è da poco conclusa l’ottava edizione di Masterchef . Parteciperà anche alla nona? Ci può dare qualche anticipazione?
Non posso anticiparvi nulla se non che sono iniziati i casting.
Ci sarà una nuova edizione e come sempre molti appassionati di cibo avranno la possibilità di cimentarsi, mettendosi alla prova e facendosi giudicare da professionisti che hanno fatto della cucina la loro vita.
Spesso la incontriamo qui a Reggio Emilia, immagino che ami la nostra città. Ci sono dei piatti caratteristici della cucina reggiana di cui è goloso?
Tra i piatti caratteristici della nostra cucina indimenticabili sono i cappelletti, che secondo la tradizione devono rigorosamente morire nel brodo, ma che io propongo accompagnati da una golosa fonduta di formaggio, e l’erbazzone.
Nel mio libro ho provato a riproporlo anche in una versione “light”, rinunciando al burro e all’olio ma conservando il cuore del piatto basato su pancetta, bietola, cipollotti e Parmigiano Reggiano.
C’è qualche chef locale che dobbiamo tenere d’occhio?
Erik Lavacchielli, il sous Chef del mio bistrot “Fourghetti” con cui lavoro ormai da diversi anni.
L’ho conosciuto a Londra, quando ancora cucinava presso la “Locanda Locatelli”, e ho subito rivisto in lui me stesso da giovane.
Penso davvero che abbia tutte le carte in regola per diventare uno dei nuovi protagonisti del panorama gastronomico, in Italia e nel mondo.
Una ricetta veloce da dare ai nostri lettori?
Se per esempio dopo un barbecue di pesce rimangono un mezzo rombo, una piccola sogliola o uno spiedino di gamberi nulla è perduto: basta sfilacciare il rombo e la sogliola, aggiungere un filo d’olio e una lacrima d’aceto.
Creare una crema di pancotto, aggiungendo al pane aromatizzato con aglio e prezzemolo per l’impanatura, un po’ di brodo. Porre tutto il composto in un coppa pasta per dargli una forma e come guarnizione si possono tritare i gamberi a coltello. Ecco che si ottiene un delizioso tortino di rombo e sogliola con crema di pancotto e tartare di gamberi…facile no?