Terza parte

Sul numero scorso….
La teoria evoluzionista di Darwin poggia su tre presupposti: ogni specie vivente fa più “figli” di quanti non ne necessitano per l’equilibrio ambientale in cui sono inseriti, gli organismi della stessa specie non sono tutti tra loro identici, la lotta per la sopravvivenza fa prevalere i più “attrezzati”. Lo studio dei resti fossili, a partire dall’Uomo di Neanderthal, ha consentito di ripercorrere la storia dell’uomo e delle sue origini. Gli Ominidi di due milioni di anni hanno lentamente conquistato la posizione eretta per interagire meglio con l’ambiente e con le mutazioni si sono sviluppate tutte le abilità seguenti, compresi i diversi regimi alimentari. Abbiamo visto come l’ambiente naturale terrestre si sia profondamente modificato nei milioni di anni, da unico continente alla diversità territoriale di oggi tra terre emerse, oceani, mai.

Il ciclo dell’Australopithecus Africanus fu breve: comparve 3 milioni di anni fa e si estinse in 1 milione di anni. Era fisicamente simile a quello “Afarensis”: alto un metro e venti, 30 kg, maschi e femmine quasi uguali in altezza e peso, viveva in savana ed aveva caratteristiche già marcatamente diverse dalle scimmie. Un suo parente diretto, chiamato “robustus”, sviluppò caratteristiche migliori (più alto e massiccio) in un habitat che andava facendosi sempre più asciutto, arido, e carente di risorse alimentari da dividere con scimmie e predatori. Un altro parente, il “boisei”, dotato di cresta sul cranio (interpretata come apparato supplementare dei muscoli masticatori) era costretto a cibarsi di alimenti poco nutrienti: regime ipervegetativo, masticazione prolungata, dieta forzata, carenza energetica.
E prima? Quali erano le specie che precedettero gli Australopiteci?
Sappiamo che l’uomo appartiene all’ordine dei Primati, il gruppo di animali di cui fanno parte anche le scimmie. L’origine risale a 70 milioni di anni fa, a fine era Mesozoica. A quel tempo, come abbiamo detto, Europa ed America settentrionale erano unite nel supercontinente Laurasia. Qui, verso la fascia equatoriale, si formarono foreste di piante con i fiori (Angiosperme) che vennero invase da insetti in un habitat favorevole e con cibo in abbondanza. Naturalmente furono seguite dagli Insettivori che si trasferirono dal suolo alle piante. Gli insettivori svilupparono zampe prensili, agilità, e nel tempo divennero le Protoscimmie.
Dunque le Protoscimmie hanno avuto origine nel continente nord e solo dopo sono passate in quello sud, quando cambiò l’ambiente delle terre emerse.
Nel Montana sono stati rinvenuti resti di un animaletto tipo scoiattolo, forse il progenitore di tutti i Primati, che comparve prima dell’estinzione dei dinosauri. Esso somiglierebbe ad una specie arboricola tuttora vivente in Asia, la Tupaia, un insettivoro come il riccio e la talpa. Nella successiva era Cenozoica i Primati si diversificarono rapidamente: alcune proscimmie furono progenitori ai Lemuridi (che ancora abitano il Madagascar), altre con opportune modificazioni delle estremità degli arti e della coda furono progenitori alle scimmie Platirrine e Catarrine. Le linee evolutive si svilupparono diversificate fino a 30 milioni di anni fa, quando comparve il progenitore delle scimmie antropomorfe moderne.
Recenti studi condotti sugli acidi nucleici e le proteine hanno mostrato che gorilla e scimpanzè somigliano molto più all’uomo che l’orangutan e il gibbone, sconvolgendo la tradizionale suddivisione degli Ominidi attuali in due famiglie: l’uomo da una parte e le scimmie antropomorfe dall’altra. Si trattava di uno schema incompleto, fondato su aspetti esteriori.
Oggi ci basiamo invece sugli studi di biologia molecolare approfondendo quelli sulle molecole organiche, che sono la base delle differenze anatomiche degli organismi viventi e quindi possiamo procedere a classificazioni più dettagliate e rigorose. E’ così che abbiamo stabilito le maggiori affinità dell’uomo con i gorilla e gli scimpanzè.
Questi Australopiteci si estinsero 1 milione di anni fa, ma convissero con un altro Ominide, che consideriamo il nostro vero antenato diretto: l’HOMO HABILIS.
Nel 1963 fu estratto un cranio di 660 centimetri cubi, con accanto ciottoli lavorati che denotava la capacità dell’Ominide di usare le mani con destrezza, suggerendo appunto l’abilità di fabbricare utensili e servirsi in modo originale del cervello. Altri ritrovamenti africani similari, databili a 2,5 milioni di anni fa, confermarono quindi la coesistenza di Ominidi differenti.
Il tipo “africanus”, attraverso l’aumento del 50% della massa cerebrale, evolve quindi verso il tipo “habilis”: un individuo alto 1,5 metri, di 50 kg, simile al tipo “robustus”, ma che lavora pietre scheggiate di cui si serve per procurarsi carne. Le cose si ingarbugliano sull’interpretazione della successiva evoluzione ad “homo erectus” (tra 1,5 milioni di anni e 200.000 anni fa) ed in seguito a “homo sapiens”: ma siamo già al tempo delle costruzioni di accampamenti, abitazioni autocostruite, uso del fuoco.E finalmente, l’homo sapiens si differenziò in due sottospecie, una “neanderthalensis” (i cui resti fossili non hanno età anteriore ai 100.000 anni) e “sapiens sapiens”, comparso in Africa 200.000-140.000 anni fa.

Oggi noi siamo “homo sapiens sapiens”.
E l’Europa?
Recentemente, lo studio sulle migrazioni sembrava avere stabilito un primo punto fermo sui nostri antenati europei. Intanto la nostra specie approdò dall’Africa, via MedioOriente, nell’ Europa dell’Homo Neanderthal circa 45.000 anni fa: in pochi millenni li sbaragliò e i nostri cugini si estinsero. Anche 10.000 anni fa, dal Medio Oriente arrivò in Europa un flusso migratorio: portavano l’agricoltura, che si aggiunse così alla caccia e alla raccolta di cibo fino ad allora in vigore. Un popolo di agricoltori Homo sapiens, che passava da Grecia e Bulgaria ed intendeva prevalere sugli autoctoni europei, con un andirivieni continuo, in cui furono mescolati cultura, luoghi di vita, sepolture, manufatti, e altro, e naturalmente geni , oggi ben letti tramite il DNA. Poi il quadro si è ulteriormente complicato. Si è scoperto che oltre agli africani e ai medio-orientali, c’è un terzo incomodo che porta a tre le ondate migratorie in Europa: una misteriosa popolazione che veniva da Est, forse dalla Siberia.
L’analisi del DNA ha mostrato che questo popolo si mosse sia verso di noi che verso l’America, poiché i loro geni sono conservati in quelli dei nativi americani. Sicuramente, i popoli nordici europei attuali (Norvegia, Scandinavia, Scozia, Estonia, …) ne conservano il maggiore contributo genetico, come mostrano i risultati pubblicati su “Nature”. Sembra quindi che in definitiva gli europei siano anche figli della steppa, portatori anche delle lingue indoeuropee. Sono tutte scoperte da sedimentare, complementari ad altre che vorrebbero l’ origine delle lingue nell’Anatolia di 8.000 anni fa. Sicuramente, quello che non è in discussione è il coacervo di varie “razze”, se mi passate questo brutto termine.In queste puntate abbiamo necessariamente sintetizzato il lunghissimo periodo storico-evolutivo che riguarda le nostre origini, restando per così dire sulla punta dell’iceberg. La scienza continua ad interrogarsi e produrre dati e risultati che non mancheranno di ricostruire in futuro sempre meglio la storia dei nostri antenati.