
REGGIO EMILIA – Sempre uguale ma sempre un po’ peggio. È questa l’impressione dopo la sconfitta casalinga della Grissin Bon nell’anticipo di sabato sera, contro Brescia. Sempre uguale, perché abbiamo visto e rivisto le solite lacune, ma anche sempre peggio perché i biancorossi stanno entrando in una spirale di “tristezza” tecnica ed emotiva molto pericolosa. Reggio ha retto un quarto, ovvero il primo e subendo comunque 24 punti, poi l’unico guizzo nei tre minuti finali per tentare una furiosa rimonta, guidati tuttavia più dalla forza della disperazione piuttosto che da un razionale tecnico-tattico. Siamo al punto più basso della stagione, quello dove anche lo staff non lesina l’utilizzo del bastone verso il gruppo dopo averlo protetto (forse anche troppo…) per mesi dietro al concetto del “lavorare per migliorarsi”. La verità è che questa squadra non è mai diventata degna di essere definita tale e, paradossalmente, il rendimento del gruppo era superiore ad inizio anno, ovvero quando la conoscenza reciproca era minore. Questo aspetto può avere diverse chiavi di lettura, ma ciò che pare evidente è che la forza delle individualità della squadra di Buscaglia si perde nel collettivo. Il motivo? Difficile a dirsi perché non esiste un unico problema, ma riassumere nella maniera più semplicistica porterebbe a dire che questi giocatori in campo insieme, con questo sistema, non riescono a coesistere in modo costruttivo. A questo si va ad aggiungere il non secondario aspetto mentale, ovvero che la Grissin Bon non è certo un’armata di guerrieri e mai lo sarà. Tuttavia, se fino ad un paio di mesi fa la forza dei singoli poteva essere risolutiva in determinate partite, ora invece un po’ per contromisure avversarie (vedi il pick and roll tra Mekel e Owens) e un po’ per “cattivo assemblaggio”, anche il talento fatica ad emergere. La risultante di tutte queste forze è che Reggio, ad oggi, è forse l’unica squadra del campionato a non aver fatto alcun miglioramento pur avendo tutte le potenzialità per poterlo fare. Perfino la cenerentola e quasi retrocessa Pesaro è riuscita nel momento più basso della propria stagione ad avere una reazione di orgoglio sul campo della Fortitudo, reazione che noi aspettiamo da tanto, troppo tempo da questi ragazzi. Serve cambiare qualcosa e, lasciatecelo dire, serve “badare al sodo”. Perché se questi mesi ci hanno insegnato qualcosa, quel qualcosa è che lasciarsi ammaliare dal pedigree di qualche atleta non sempre è sinonimo di successi. Sono stati commessi errori in fase di mercato, forse soprattutto nella valutazione dell’adattabilità di alcuni singoli ai dogmi di un coach come Buscaglia. Lungi da noi l’ipocrisia di puntare il dito verso qualcuno perché tutti, ma proprio tutti, ad agosto eravamo entusiasti dell’organico allestito. Ora serve fare un passo indietro e cercare pezzo per pezzo di costruire l’anima operaia a questo gruppo, con il mercato dove possibile e con il lavoro dove estrapolabile.