di Isabella Trovato
Palomar è la sfida sul cinema del Comune di Reggio che sta dando risultati positivi. L’insediamento del colosso della produzione cinematografica internazionale nei capannoni riqualificati delle ex reggiane, nel cosiddetto Parco Innovazione, è la prova tangibile dell’intuizione di chi ha attirato un interesse così grande legato al cinema nel nostro territorio.
Fondata da Carlo Degli Esposti nel 1986, Palomar è una società di produzione televisiva e cinematografica leader nel panorama italiano, con oltre 150 titoli all’attivo, produce serie TV, film per il cinema, programmi di intrattenimento e altri progetti multimediali, e collabora con i più autorevoli operatori del settore nazionali ed internazionali Leader nella produzione di fiction e programmi televisivi per la prima serata, ha un posizionamento unico nel settore, aggiudicandosi sia il favore del pubblico sia il plauso della critica con titoli di enorme successo, come “Il Commissario Montalbano”, “Maltese – Il romanzo del commissario”, “Braccialetti Rossi”, “I delitti del BarLume” e molti altri.
Per il Presidente Degli Esposti Reggio Emilia potrebbe diventare una piccola capitale del cinema nel nord Italia.
La nostra provincia non è certamente nuova alla settima arte.
Basti pensare alla serie di Peppone e Don Camillo. Solo per fare un esempio. Lo stesso Luciano Ligabue, correggese, si è più volte cimentato con questa arte. Ma la realizzazione della serie tv “La guerra è finita”, diretta dal regista Michele Soavi e quasi interamente girata nella nostra provincia, muovendo dunque una produzione cinematografica sul territorio, registra aspetti nuovi per la città che potrebbero, se giocati bene, portare a sorprendenti risultati nel tempo. Al cinema Emiro a Rubiera è stata riservata una sala per l’anteprima della serie alla presenza dello stesso regista, del cast, e della stampa. E l’effetto è stato indiscutibile.
Il tema della produzione targata Palomar è quello di un gruppo di ragazzi ebrei scampati ai campi di concentramento nazisti. Dunque giovani sopravvissuti ma feriti nell’anima per le violenze subite, che devono ricostruirsi una vita partendo da loro stessi. Da quello che rimane della loro vita. Le riprese, realizzate la scorsa estate, si sono concentrate sul nostro territorio tra Reggio Emilia, Casalgrande, Rubiera, Guastalla, Novellara Scandiano, Sant’Ilario D’Enza, Gualtieri, Quatto Castella.
Una serie tv in otto puntate, interpretata da Michele Riondino, Isabella Ragonese, Valerio Binasco, Andrea Bosca, Carmine Buschini. All’anteprima all’Emiro c’era anche il regista Michele Soavi.
Michele Soavi, regista. Raccontare il post guerra è difficile tanto quanto raccontare la guerra. Ed è l’operazione che lei ha fatto dirigendo questa serie tv
“Argomento delicatissimo. C’è una battuta nel film che mi ha fatto da guida, ‘la memoria se non la racconti non esiste”. E’ un contributo nostro alla memoria, realizzato con la Rai. Io sono orgoglioso di avere lavorato a questa produzione in cui i bambini e i giovani sono stati protagonisti. E’ un film che raccomando, sperando che a vederlo siano i piccoli. Perché è un esercizio di formazione.”
Come regista si è emozionato?
“Assolutamente si, ho pianto più volte mentre leggevo la sceneggiatura. E poi avere attori esordienti sul campo è stata una sfida, un impegno. Di cui sono contento.”
Soavi quanta politica c’è in questo film?
“C’è per forza un’ideologia perché c’è un passato che speriamo che non ritorni”
Rispetto alle altre opere che lei ha realizzato questa produzione cosa le lascia dentro?
“Lascia dentro un pieno, non un vuoto. Un’altra volta nella mia vita ho raccontato una storia delicata, un’altra verità, era Il sangue dei vinti, di segno opposto rispetto a ‘la guerra è finita’, e raccontava le vendette dei partigiani nei confronti di chi era stato nel regime. Credo che la storia sia atroce da qualsiasi punto di vista la si guardi, raccontare deve servire a evitare di commettere gli stessi errori”.