di Riccardo Caselli
Ogni volta che rientro in Italia dall’Asia, noto che vi è molta ‘fame’ di notizie e curiosità tra amici e conoscenti, verso un mondo che – nonostante la globalizzazione – risulta ancora poco conosciuto a noi occidentali. Certo, tutti hanno fatto la vacanza a Bali o Phuket, ma poco sanno della cultura, del lavoro, dello sviluppo delle città, degli aspetti umani, a differenza per esempio di quanto in generale sappiamo degli Stati Uniti.
Questo perchè l’occidente ha vissuto per decenni in una bolla culturale e mediatica, nella quale ogni giorno veniamo bombardati di notizie di matrice occidentale e sappiamo persino cosa ha twittato Trump, ma a malapena conosciamo il nome del primo ministro Indiano o Cinese.
Dopo anni in Asia, mi rendo conto che questa esperienza ha profondamente alterato la mia visione del mondo. E’ come se ora avessi una visione asiatico-centrica. Per fare un esempio, quando rientro in Europa, mi pare che le città siano deserte. Città che per decenni sono state la mia ‘normalità’’. Eppure la normalità in cui vive la maggior parte della popolazione mondiale è quella di megalopoli che hanno più abitanti di un’intera nazione Europea. Shanghai da sola per abitanti sta davanti a quaranta nazioni europee. Soltanto nell’area metropolitana di Jakarta ci vive metà della popolazione dell’Inghilterra. Nazioni come Danimarca, Norvegia, Finlandia, sarebbero sì e no un quartiere a Tokyo.
Poi ho realizzato che non solo i media, ma pure i libri di storia scritti da noi e per noi occidentali, contribuiscono a questa visione in cui l’occidente sarebbe il centro del mondo, con il suo misero 14% di popolazione mondiale. Su cosa è basata questa idea? Sostanzialmente sul fatto che – per una brevissima parentesi storica – gli Stati Uniti in particolare, seguiti da alcune nazioni europee, hanno prodotto la più larga fetta del PIL mondiale.
Ma il centro del mondo in Occidente non vi è sostanzialmente mai stato. Per esempio, nei libri di storia fin dalle elementari veniamo cresciuti nell’idea che il mitico Impero Romano avesse spaccato mari e monti. Invece andando a vedere i numeri si scopre che l’Impero Romano era la terza economia dell’epoca, uno sputo in confronto a quelle di Cina e India. Stessa cosa per l’Italia rinascimentale, un PIL di neanche un decimo rispetto a Cina e India.
In sostanza queste due nazioni da sole, sono state responsabili per la grande maggioranza del PIL mondiale dal primo Avanti Cristo, fino al 1900.
Ed e’ proprio qui che si è aperta quella che sembra sempre più una parentesi storica: l’ascesa degli Stati Uniti e dell’occidente. Peraltro avvenuta non del tutto per meriti propri, ma anche favorita dalla presenza del comunismo che ha frenato lo sviluppo economico di intere regioni del mondo, e basata pure su un modello economico – quello americano – che prevede l’uso della forza e la guerra continua. Basti dire che, Repubblicani o Democratici al potere, gli Stati Uniti sono stati senza guerre per soli dieci anni dal 1900 ad oggi. Oggi India e Cina stanno semplicemente ritornando al loro posto nella storia. Solo noi per decenni abbiamo ignorato questo mondo, in una visione storica autocentrica e limitata, che spesso ha dato per scontata anche l’idea che il nostro modo di vivere fosse necessariamente un faro di civiltà. Al contrario, sulla scia di una temporanea ribalta economica, abbiamo dato vita a un modello culturale consumista che oggi mostra tutti i suoi limiti specialmente sul piano umano e che ha generato drammatiche esternalità anche ambientali; non solo, ma lo abbiamo esportato anche all’oriente come modello culturale dominante. Così, mentre perdiamo il nostro posto nel podio della storia, questo modello invece rischiamo di lasciare come eredità alla storia, più che le tanto strombazzate conquiste civili.
Del resto, anche Gandhi quando gli fu chiesto cosa ne pensasse della civiltà occidentale rispose: “penso sarebbe una buona idea’”.
Ma questa forse è un’altra…storia.