di Isabella Trovato

Questore Antonio Sbordone

A poco più di due anni dal suo insediamento a Reggio Emilia, il questore Antonio Sbordone fa il punto sulla sicurezza in città analizzando le storiche criticità di Reggio, dal degrado della zona della stazione, allo spaccio di droga, alla presenza del crimine organizzato sul territorio compresa l’attività di ordine pubblico puntualmente svolta in occasione di importanti manifestazioni sportive e, punto dopo punto, in questa intervista, approfondisce gli sviluppi di ogni contesto. Tre gli elementi chiave che emergono. Il primo è che Reggio Emilia è una città di piccole medie dimensioni che vive momenti da grande città e quindi richiede sforzi significativi sul piano della sicurezza e dell’ordine pubblico come appunto le manifestazioni sportive nazionali o realtà prossime come la futura Arena Campovolo. Il secondo è che le forze dell’ordine sono più presenti sul territorio a garanzia della sicurezza del cittadino e della percezione della stessa ma anche come contrasto al degrado al punto di poter toccare con mano il tangibile miglioramento di zone come via Turri che, fino a poco tempo fa, sembravano terra di nessuno. Il terzo e ultimo elemento è che ci sono altre indagini sul piano del contrasto al crimine organizzato sempre in ambito economico.

Dottor Sbordone inizia un nuovo anno , tracciamo un quadro della realtà reggiana in apertura del 2020

“Uno dei punti più positivi è il lavoro che abbiamo svolto nelle zone più critiche della città come controllo del territorio, a partire dall’area della stazione, dove i miglioramenti sono tangibili. Ci sono tuttavia diverse situazioni sulle quali c’è ancora da lavorare ma, come Questore, ciò che oggi evidenzio come problematica e che più mi preoccupa è l’atteggiamento violento di alcuni gruppi di giovani su cui bisogna assolutamente intervenire”

Lei si riferisce ai recenti episodi di risse esplose in centro storico tra gruppi di giovanissimi. Ha più volte sollevato questo problema ma come mai puntualmente si verifica?

“In realtà registriamo fenomeni di bullismo che sono diffusi ovunque, fenomeni determinati da un disagio giovanile legato in qualche modo all’immigrazione. Questi ragazzi sono quasi sempre figli di immigrati, nati o cresciuti in Italia ma evidentemente per difficoltà di inserimento nel contesto sociale finiscono per unirsi esprimendo con violenza e ribellione un disagio. Normalmente mal frequentano la scuola o la abbandonano presto. E’ un problema della società che va affrontato e risolto”

Cosa si può fare di più per arginare questo fenomeno?

“La polizia può e deve controllare il territorio, essere presente dove è necessario. Le faccio un esempio, le fasce orarie in cui si presentano questi fenomeni di violenza sono quasi sempre le stesse così come anche le zone. Occorre però da parte di tutti sostenere un’integrazione più forte, un’integrazione che stenta a realizzarsi perché stiamo parlando appunto di giovani che da tanti anni vivono qui, non stiamo parlando degli immigrati che arrivano con le navi o i barconi. Quella che questi giovani rissosi manifestano è una questione propriamente sociale, di disadattamento.”

Lei parlava di controllo del territorio citando le zone critiche della città. La Polizia di Stato è tornata di stanza in via Turri. La presenza della divisa funziona da deterrente per la delinquenza?

“Guardi non sono abituato a usare toni trionfalistici ma devo dire che in via Turri il risultato del nostro lavoro è concreto e tangibile. Ho puntato molto sulla necessità di riaprire l’ufficio di polizia. Bisognava dare un punto di riferimento a chi vive o frequenta quella zona. Un punto di riferimento che andasse oltre la pattuglia impegnata mattina e pomeriggio sul territorio.

Quando mi sono insediato, quello che ho riscontrato nella popolazione della zona, era una sorta di mancanza di fiducia. Adesso la situazione è migliorata. Solo pochi giorni fa abbiamo dato conto agli organi di stampa di operazioni di polizia effettuate in via Turri nei confronti di gruppetti di spacciatori. Queste operazioni sono state possibili grazie alle segnalazioni di cittadini, e mi riferisco a cittadini di origine straniera che abitano in quell’area. Questo per me è un dato assolutamente positivo, vuol dire che il clima è cambiato. Via Turri oggi non è ancora un problema risolto ma non è il problema più grave di Reggio Emilia.”

Dunque via Turri non è più una zona off limits?

“Assolutamente. Inoltre il lavoro che abbiamo svolto per censire le abitazioni, realizzato con la polizia locale, è stato fondamentale. Il refrain prima era sempre lo stesso, la gente diceva che non si sapeva chi abitava nelle case di via Turri.

Questo oggi non lo si può più dire, almeno in senso assoluto. Perché abbiamo censito le abitazioni. Questo censimento non può essere un dato assoluto perché le persone possono sempre spostarsi, ma i controlli sono puntuali.”

Non troppo distante da via Turri c’è Piazzale Europa che nel 2019 è stata teatro di aggressioni e spaccio di droga. Cosa fare di più?

“Piazzale Europa oggi rappresenta una situazione anche più difficile di via Turri. La zona è frequentata dai ragazzini che prendono i pullman ed escono dalle scuole perciò dobbiamo essere maggiormente presenti come forze dell’ordine proprio per evitare la presenza di spacciatori. In piazzale Europa però occorre anche adottare misure di difesa passiva, per esempio sarebbe opportuna una illuminazione diversa. Se ne sta ragionando con il sindaco Vecchi. Sarebbe anche opportuno impedire l’accesso alla strada ferrata dal piazzale. Arrivare al binario da Piazzale Europa oggi è facilissimo e questa è una via di fuga per i malintenzionati ed è anche un pericolo per la sicurezza. Ricordiamo che mesi fa su quel binario è deceduta una persona. Occorre dunque separare nettamente il piazzale dalla ferrovia.

Le ex Reggiane sono a poca distanza da Piazzale Europa. Oggi sono ancora un problema

“Noi dovevamo evitare che diventassero una bidonville, in questo senso ci siamo mossi e ci siamo riusciti. Non ritenevo opportuno all’inizio e ancora oggi non ritengo che sia opportuno operare massicci interventi di sgombero perché questo tipo di azioni sono l’ estrema ratio e non siamo a questi livelli. Con un lavoro costante la situazione alle ex Reggiane può tornare alla normalità. In due anni per esempio i residenti alle ex reggiane sono dimezzati, e questo è già un buon risultato. Il fenomeno non è risolto ma non è da considerarsi una situazione di allarme. Inoltre le ex reggiane sono oggetto di riqualificazione. Ci piacerebbe che questo avvenisse in tempi brevissimi ma ci rendiamo conto della difficoltà, confidiamo tuttavia che vengano rispettati i tempi decisi.”

Cambiamo argomento, parliamo della mafia nigeriana, principalmente dedita allo spaccio. Se arriva così tanta droga vuol dire anche c’è anche altrettanto consumo? e che questi consumatori sono a Reggio Emilia.

“ Il 2019 è stato un anno record per quanto riguarda i sequestri di droga e gli arresti per reati connessi agli stupefacenti. Questo vuol dire, come dice lei, che c’è una grande richiesta. Tuttavia ci sono vari filoni attraverso i quali la droga arriva a Reggio. Uno è quello della mafia nigeriana. Sulla mafia nigeriana sono in corso indagini di un certo livello che ci portano a ritenere che Reggio Emilia sia, anche per queste organizzazioni, un terminale di spaccio. Ci sono tuttavia altri filoni, da ricollegarsi ad altre organizzazioni più o meno strutturate, dallo spaccio al minuto a strutture più complesse che collegano la nostra città ad altre aree.”

Sul fronte del crimine organizzato, a pochi giorni dall’appello di Aemilia, qual è la situazione?

“Aemilia è stata un’attività di indagine prima e quindi un processo dopo davvero storico. Come dice il Procuratore Mescolini non bisogna però dormire sugli allori. Questo tipo di organizzazione malavitosa fa leva sulle difficoltà economiche e interviene a supporto degli imprenditori. Il nocciolo del problema di questa criminalità è proprio questo, il fatto che ci siano imprenditori che ricorrono alla malavita e non viceversa. A Reggio Emilia non c’è un problema di estorsioni, di minacce, o quanto meno questo tipo di azioni subentrano in un momento successivo. Quello che invece più spesso registriamo è che sono gli imprenditori a ricorrere al crimine organizzato perché si è in difficoltà, perché non si riesce a pagare gli operai, perché si hanno dei debiti, perché non si sa come smaltire i rifiuti. Per vari motivi insomma, si ricorre al malavitoso il quale rappresenta la strada più breve, può pagare gli operai in nero, può fare smaltire i rifiuti in modo irregolare, e può far pagare meno tasse con il sistema delle fatture false che tante volte abbiamo visto.”

Quindi la criminalità organizzata a Reggio Emilia non è stata sradicata con il processo Aemilia?

“Assolutamente no. Il crimine organizzato non è stato estirpato ma siamo passati da una fase in cui il problema non veniva neanche riconosciuto ad una fase in cui c’è consapevolezza e viene combattuto con grande energia dalla Procura della Repubblica e dalle forze di polizia. Non possiamo che essere soddisfatti per tutto quanto è stato fatto e per le forze messe in campo ma non ci possiamo illudere che il male sia stato sconfitto. Ci sono ancora indagini. Non posso aggiungere altro”

E poi dottor Sbordone è in corso il processo Aemilia 92

“Quando commento i fatti legati agli anni novanta lo faccio sempre esprimendo sorpresa se non rammarico. Si diceva ‘non c’erano gli anticorpi, non c’erano segnali’. Negli anni novanta a Reggio Emilia si sparava e c’erano dei morti ammazzati. Mi chiedo quali altri segnali dovevano esserci? Quindi evidentemente qualche superficialità c’è stata, da parte di tutti intendo comprese le forze dell’ordine.”

Gli allarmi bomba preoccupano.

“Non abbiamo la sfera di cristallo ma dal mio osservatorio mi sento di dire che non ci sia alcun elemento da cui desumere un rischio di attentati di diversa matrice a Reggio Emilia. Non dobbiamo tuttavia fare l’errore di assimilare un caso all’altro. I due allarmi bomba al tribunale sono da circoscrivere ad alcune ipotesi investigative, quello al Macao come quello al Comune di Bibbiano sono da tenere distinti”

Ciclicamente diamo notizia di locali, spesso esercizi pubblici, che lei come Questore sospende nella loro attività. Provvedimenti dettati da esigenze di Ordine pubblico. Che obiettivo si raggiunge e su che basi maturano questi provvedimenti?

“L’articolo 100 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, prevede che il Questore possa sospendere o revocare la licenza ai pubblici esercizi quando essi costituiscono un pericolo per l’ordine e la Sicurezza Pubblica. Lo strumento è quindi molto ampio, noi lo stiamo adoperando in modo attento ma rigoroso particolarmente quando nell’ambito di controlli ripetuti emerge che i locali costituiscono un luogo di ritrovo di pregiudicati. Devo dire che la comunità apprezza molto questo tipo di interventi.”

Sono troppi e tanti ancora i casi di violenza sulle donne e maltrattamenti in famiglia. Da alcuni mesi tuttavia anche gli uomini cosiddetti maltrattanti hanno la possibilità di “curarsi”, grazie ad un accordo tra la polizia di Stato e l’Associazione Papa Giovanni XXIII. Che ruolo gioca la Polizia e come funziona questa attività?

“Il Dipartimento della Polizia di Stato è molto attento alla problematica della violenza nei confronti delle donne e ha giustamente investito notevoli risorse allo scopo di frenarne il dilagare. Oggi abbiamo settori specializzati, diretti da funzionari di prim’ordine che si occupano di tale emergenza e dell’applicazione delle misure previste dalla legge quali, in primo luogo, l’Ammonimento del Questore. Vi sono tutta una serie di attività a livello repressivo e preventivo che vengono svolte e tra esse voglio ricordare la sensibilizzazione che viene effettuata nelle scuole ed in altri contesti e l’organizzazione di eventi in occasione della Giornata nazionale contro la Violenza sulle donne. Bisogna fare evidentemente di più visto che il fenomeno purtroppo continua a manifestarsi in tutta la sua gravità anche nella nostra provincia. Credo che il protocollo firmato con l’associazione Papa Giovanni XXIII costituisca un importante passo avanti perché, è evidente, che nell’ambito della prevenzione oltre a tutelare le donne bisogna curare gli uomini. Fra qualche mese abbiamo programmato una verifica dei risultati conseguiti con la firma del Protocollo.

Veniamo alla percezione della sicurezza. Dai report emerge puntualmente che calano i reati ma non la percezione di sicurezza?

“ Questo è un tema che mi appassiona molto. Più volte ho ribadito che a me non piace fornire dati perché quando si parla di un calo di reati i cittadini pensano alle proprie esperienze, dallo scippo al furto in casa, alla rapina in negozio e quindi i dati rischiano di avere un effetto irritante sul cittadino. Ciò che è efficace è dimostrare al cittadino che ci siamo, che le forze di polizia sono sul territorio, che il cittadino non è da solo, che la sua sicurezza è tutelata. Il fatto che i reati calino è realtà ma i numeri non sono sufficienti a trasmettere più serenità. La nostra presenza si. E poi guardi, c’è anche un aspetto legato alla comunicazione. Anche con i media. Le forze di polizia sono impegnate a intercettare le esigenze del cittadino. Noi questo lo facciamo, comunichiamo attraverso la stampa e la nostra pagina facebook intitolata questura di Reggio Emilia”

Chiudiamo con il servizio d’ordine allo stadio per i campionati di serie A, un sistema ormai rodato che si può definire un’eccellenza

“Anche su questo aspetto siamo molto impegnati, gli uomini della Polizia di Stato così come i carabinieri fanno uno sforzo notevole per gestire la situazione perché questa è una città che richiede un impegno continuo sul piano delle manifestazioni sportive e altro. Tra qualche mese poi si inaugura l’arena Campovolo, un’altra sfida sotto il piano della gestione dell’ordine pubblico. Reggio Emilia, pur essendo una città di medio piccole dimensioni vive spesso come una città di grandi dimensioni e quindi noi dobbiamo evidentemente attrezzarci”.