di ERCOLE SPALLANZANI
Matteo Caramaschi, 44 anni, imprenditore agricolo, è stato confermato alla presidenza di Confcooperative Reggio Emilia, cui fanno capo 380 imprese con quasi 59.000 soci, 17.500 occupati (+3,6% in un quadriennio) e un fatturato di 2,025 miliardi (+4%).
La conferma di Caramaschi è venuta per acclamazione a conclusione dell’Assemblea congressuale quadriennale della centrale cooperativa; un’assise segnata da un’ampia partecipazione e numerosi interventi, ma, soprattutto, dal deciso rilancio che Confcooperative ha messo in atto a proposito di legislazione cooperativa.
Soddisfatto del giudizio dei soci che le hanno attribuito un plebiscito?Personalmente sono onorato, e la soddisfazione la condivido con tutti coloro – dal Consiglio di presidenza al Consiglio provinciale, alla direzione e a tutti i collaboratori di Confcooperative e delle società collegate – che in questi quattro anni si sono spesi per affrontare anche situazioni di particolare e inedita difficoltà per la cooperazione, senza mai perdere di vista i temi dello sviluppo della cooperazione e del rafforzamento del suo legame con il territorio e le comunità locali.
Di cosa va orgoglioso per quello che avete fatto nel quadriennio, e un rimpianto per quello che avrebbe voluto fare, ma non è riuscito?
Questi anni sono stati segnati da alcuni fallimenti di grandi imprese cooperative nel settore delle costruzioni e dell’abitazione. Come spesso accade, le difficoltà non sono state imputate ad un mercato che ha falcidiato le imprese, indipendentemente dalla loro natura giuridica, ma sono state attribuite al fallimento dello stesso modello cooperativo. Abbiamo scontato grandi polemiche sul lavoro – pure eccellente – svolto dalle cooperative sull’accoglienza straordinaria dei richiedenti asilo. Abbiamo continuato a vivere situazioni inaccettabili di irregolarità, dumping contrattuale e affidamenti di lavori, sia da parte del pubblico che del privato, che in alcuni comparti non tengono neppure conto del costo del lavoro legato a contratti nazionali. Si è messa in discussione, in sostanza, la reputazione della cooperazione.
La prima soddisfazione sta nell’aver retto questo urto, continuando a crescere, a parlare a testa alta e a tutelare il lavoro delle nostre imprese, dei loro soci e dei loro soci-lavoratori. Siamo soddisfatti di aver assicurato soccorso, come sistema, anche a coloro che avevano autofinanziato cooperative d’abitazione finite nelle secche della crisi. Non siamo stati toccati dai grandi fallimenti delle costruzioni, ma abbiamo comunque pagato le conseguenze di un crollo del mercato. Siamo anche molto soddisfatti del rafforzamento rilevante del legame tra associazione e imprese.
Siamo infine soddisfatti del grande sviluppo dei nostri servizi alle imprese, che si sono ulteriormente ampliati e qualificati.
Un po’ di rammarico, che però sarà sicuramente superato dai nuovi fatti che produrremo, resta a proposito della promozione cooperativa. Abbiamo seminato molto, ma abbiamo raccolto un po’ meno di ciò che ci aspettavamo, complice anche un clima non esattamente favorevole alla cooperazione.
Caramaschi risultati positivi in questi 4 anni, ma il futuro cosa riserva?
Siamo cresciuti in termini di occupazione (+3,6%, con un totale di 17.510 lavoratori) e di volume d’affari (2,025 miliardi, con un +4%). Si sono rafforzati tanti progetti della cooperazione con nuove filiere nell’agroalimentare, la cooperazione sociale ha dimostrato una straordinaria capacità di innovazione e di investimento a beneficio persone, famiglie e comunità, c’è stato un forte sviluppo in comparti come il turismo e lo sport e si è fatto un lavoro straordinario sulle cooperative di comunità. Su questi presupposti – pur senza cadere in ottimismi di maniera – credo che anche il futuro ci riserverà soddisfazioni che, per noi, coincidono con la soddisfazione di un territorio al quale restiamo profondamente legati e dal quale traiamo le energie e le relazioni necessarie per alimentare la cooperazione.
Oggi stiamo scontando le pesanti incognite, ma anche i danni già accertati, legati alla diffusione del Covid-19. E’ un’emergenza che ci sta impegnando tantissimo e sta generando sofferenze evidenti in parte consistente della nostra cooperazione. L’auspicio è che presto sia superata questa grave situazione e, per parte nostra, siamo al lavoro con ogni mezzo e ogni risorsa.
Quali sono i settori sui quali vi concentrerete nel prossimo quadriennio? Quali gli obiettivi primari?
Vi sono ambiti precisi che abbiamo messo a fuoco anche con la recente assemblea. Parliamo, innanzitutto, di tutela della dignità e del valore del lavoro in cooperativa, spesso insidiato da meccanismi di gara e affidamenti che non valorizzano le competenze straordinarie che – nel sociale, ad esempio – le cooperative esprimono; vogliamo anche superare la scarsa considerazione sociale che talvolta sconta il lavoro in cooperativa, nonostante chi sceglie questa via sia animato da valori di responsabilità, partecipazione, solidarietà e condivisione che sono un patrimonio per tutti.
A questo si aggiungono diversi altri importanti temi di lavoro: l’innovazione e la competitività delle imprese, il rafforzamento del legame con il territorio e le comunità locali, la promozione di uno sviluppo sempre più segnato da elementi di sostenibilità anche in relazione all’Agenda 2030, lo sviluppo di nuove attività di ricerca e sviluppo, la costruzione di nuove alleanze e reti tra cooperative, i rapporti con il mondo della scuola e dell’Università e con le altre associazioni imprenditoriali.
Lei ha chiesto al Governo un aiuto legislativo, perché?
Perché in questi anni si sono consolidate norme e prassi che, di fatto, frenano lo sviluppo cooperativo, quando in realtà c’è un bisogno straordinario di nuova cooperazione per promuovere democrazia economica, equità, partecipazione dei cittadini alle vicende economiche e giustizia sociale.
Come dovrebbe essere questo aiuto del governo?
Chiediamo con urgenza una nuova legge nazionale che riconosca e sostenga la distintività cooperativa, che riprenda in senso allargato il concetto di mutualità, che riconosca i soci delle cooperative come imprenditori, che ne rispetti il lavoro e le possibilità di autoregolazione del lavoro stesso.
Sia chiaro che non chiediamo privilegi e non vogliamo togliere qualcosa ad altri, ma chiediamo che il riconoscimento della funzione sociale della cooperazione – sancito dallo stesso dettato costituzionale – sia accompagnato da precise azioni per non svuotarsi di significato.
Ha chiesto anche un aiuto alle altre organizzazioni imprenditoriali, alla Camera di Commercio per fare decollare il territorio, e dare un futuro ai giovani?
Più che di un aiuto si tratta di un deciso rilancio delle collaborazioni tra associazioni imprenditoriali reggiane, che in questi anni si sono affievolite nella loro efficacia.
Abbiamo davvero tanti interessi comuni: il futuro della Camera di Commercio è uno di questi, ma più in generale dobbiamo rafforzare il lavoro d’insieme su tutti i grandi temi che riguardano lo sviluppo del territorio, perché è a questo che si lega tanto il futuro dei giovani quanto la generazione di lavoro e ricchezza per tutti.
Ma la Cooperazione è ancora attrattiva e valida di questi tempi ?
La cooperazione, come valore in sé, non ha mai perso attrattività. Anzi, al contrario, oggi è motivo di speranza e di mobilitazione per le comunità, per i giovani, per chiunque voglia associare lavoro e imprenditorialità. Semmai è la cooperativa come impresa che sconta ostacoli ed è divenuta meno attrattiva, ad esempio, nel settore artigiano, nelle nuove professioni, nel commercio e in altri ambiti. La nuova legge di cui parliamo serve proprio ad eliminare proprio questi inciampi.
In quali settori si deve sviluppare l’attività della Cooperazione?
In tutti i settori, seppure in modi diversi. Nell’agroalimentare, ad esempio, dobbiamo puntare ancor di più su quelle filiere che possono irrobustire il rilevante peso che abbiamo nell’ambito della trasformazione, arrivando ad una più forte valorizzazione di quei prodotti tipici cui si lega il reddito delle imprese agricole che aderiscono a cantine e latterie sociali. Nell’area dei servizi alla persona dobbiamo continuare a rafforzare il legame con la committenza privata, puntando contemporaneamente ad un lavoro più stringente con il pubblico soprattutto per quel che riguarda la progettazione dello sviluppo dei servizi.
Nella cultura, nello sport e nel turismo vi sono ancora molti spazi possibili. Ci attende anche un lavoro straordinario nel comparto del lavoro e dei servizi alle imprese, e qui si tratta soprattutto di un impegno finalizzato a rimuovere quelle situazioni di irregolarità del lavoro che ancora permangono e che penalizzano proprio le cooperative.
Un lavoro straordinario, infine, riguarda l’ambito delle cooperative di comunità, che sono una risorsa davvero straordinaria non solo per le aree interne e per territori a rischio di abbandono, ma anche per quei contesti urbani entro i quali possono produrre elementi di partecipazione a grandi processi di riqualificazione che passano da iniziative economiche, culturali e sociali.
Nella sua relazione ha fatto un accenno ai risultati delle ultime elezioni, mettendo in evidenza una grande spaccatura; cosa si dovrebbe fare per rimarginare questa ferita, puntando ad obiettivi comuni?
Serve buon senso e responsabilità. Serve una politica non gridata. Serve non confondere la ricerca del consenso con la ricerca dell’interesse comune e, in questo senso, siamo tutti chiamati ad un grande sforzo.
Preoccupato della situazione che si è generata da questa epidemia del Coronavirus che oltre a fare vittime sta falcidiando l’economia, mettendo in serio pericolo tutti i settori e il futuro del Paese?
Certo, siamo preoccupati come lo sono i cittadini e come lo sono gli imprenditori e i lavoratori. Proprio per questo abbiamo messo in atto azioni ampie e d’ogni tipo per la tutela della salute delle persone, per la continuità dei nostri servizi alle imprese in un momento così difficile e complicato e, ugualmente e con intensità, per far scattare misure di sostegno alle imprese che in tanta parte scontano già ingenti danni a seguito del blocco totale di alcune attività (i servizi educativi e scolastici, la ristorazione scolastica, i laboratori che coinvolgono persone disabili, ecc) e il grave pregiudizio su altre (il turismo, la ristorazione in generale, le attività sportive e ricettive, gli allestimenti fieristici e altro ancora). Queste imprese vanno tutte aiutate sia con ammortizzatori ordinari che in deroga, ma anche con la costituzione di fondi appositi di soccorso per i danni non direttamente riconducibili a sospensioni dal lavoro, ma comunque determinati dall’emergenza che stiamo affrontando.
Cosa farete per cercare di ripristinare un clima di fiducia, salvaguardando la salute, evitando una psicosi collettiva a volte senza giustificazioni?
Come organizzazione, così come le nostre cooperative, abbiamo adottato in ogni sede tutte le misure di prevenzione del contagio, facilitando anche il lavoro a distanza e l’adozione di comportamenti e norme che, al tempo stesso, tutelano le persone e consentono di non pregiudicare il nostro lavoro a fianco delle associate. Siamo e saremo estremamente rigorosi, perché anche questo è elemento fondamentale per non cadere in allarmismi e guardare con maggiore fiducia alle giornate che ci attendono.
Caramaschi, una domanda di carattere personale: come fa a conciliare il duro e impegnativo lavoro di imprenditore agricolo con la presidenza di una organizzazione economica di grande livello?
Lavorando molto, innanzitutto, ma soprattutto grazie a chi mi aiuta ogni giorno in questo compito, a partire dalla mia famiglia per arrivare a tutti i dipendenti e collaboratori di Confcooperative, Unioncoop (la nostra società di servizi alle imprese) e delle società che compongono il nostro sistema.
L’impresa agricola dalla quale parto è una cooperativa che coinvolge tanti miei familiari, e davvero li ringrazio proprio per la cooperazione, oltre che l’affetto, che mi ha consentito e mi consente di impegnarmi anche in un ruolo associativo che davvero mi onora.
Chi è Caramaschi
Quasi 390 aziende che occupano circa 17.500 dipendenti: sono i numeri chiave di Confcooperative in provincia di Reggio Emilia. Il presidente provinciale dell’associazione, Matteo Caramaschi, è stato riconfermato nell’ultima assemblea. Imprenditore agricolo di Reggiolo, 43 anni, Caramaschi guida Confcooperative da tre anni dopo la conclusione della ventennale presidenza di Giuseppe Alai. Negli ultimi anni, nonostante le difficoltà di alcuni settori di attività e la crisi di qualche azienda associata, Confcooperative ha fatto registrare una crescita del numero degli occupati. Particolarmente importante,è il ruolo svolto da cooperative associate nella gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo.
Matteo Caramaschi, consigliere comunale nella lista di maggioranza Centrosinistra per Reggiolo, è da sempre molto attivo nel mondo del volontariato locale e nel mondo delle imprese del settore agricolo provinciale.
I 40 MEMBRI DEL NUOVO CONSIGLIO PROVINCIALE
Nuovo “parlamentino” per Confcooperative. L’assemblea della centrale cooperativa, oltre a riconfermare Matteo Caramaschi alla guida dell’organizzazione, ha infatti eletto i 40 componenti il nuovo consiglio provinciale, chiamato a gestire i programmi dell’associazione nel prossimo quadriennio.
Dell’organismo (in precedenza composto da 60 membri) fanno parte: Roberto Baccarani, Andrea Bagnacani, Miles Barbieri, Mirella Battistoni, Davide Bedogni, Gino Belli, Alessandro Bezzi, Marcello Bonvicini, Ivano Caffagni, Marcello Campani, Marcello Chiesi, Luigi Codeluppi, Pietro Codeluppi, Anna Colombini, Ilena Donelli, Luca Dosi, Patrizia Fantuzzi, Erika Farina, Matteo Fornaciari, Davide Frascari, Annamaria Gavioli, Paolo Gozzi, Euro Grassi, Roberta Grassi, Francesco Gregori, Francesco Gregorini, Valerio Maramotti, Pier Antonio Pelosi, Anna Piacentini, Fiorenzo Prati, Giordano Rodolfi, Fabio Salati, Roberto Salsi, Cecilia Saltarello, Gabriele Santi, Erika Sartori, Rossella Soncini, Stefano Spaggiari, Davide Vezzani, Lisa Vezzani.
Del collegio dei revisori dei conti fanno parte Loretto Grasselli (presidente, Marco Camorani e Alessandro Verona.