Di Isabella Trovato

“Siamo andati a prendere una persona che era in quarantena perché già dimessa dall’ospedale dove era ricoverata per covid19 e ora necessita di nuovo di cure ospedaliere”, è oggi questa la frontiera di combattimento su cui l’esercito del personale delle pubbliche assistenze della nostra provincia è impegnato da mattina a sera, con un via vai di ambulanze che entrano e escono dal pronto soccorso, “e questa settimana va anche bene” ci spiegano sempre gli operatori, la scorsa settimana c’era la fila delle ambulanze che dovevano entrare e sostare nel cortile interno del pronto soccorso dell’ospedale di Reggio per scaricare i pazienti presi dalle case.
E poi, davanti all’ingresso, un tavolino e due infermieri che si turnano, bardati per evitare qualsiasi forma di contaminazione. Per chi non ha mai visto un infermiere così vestito, con la mascherina e una sorta di caschetto che copre il viso ed una visiera fino al collo per evitare qualsiasi contatto di goccioline di saliva da parte del potenziale interlocutore, è di certo una scena che fa effetto.
E dà la dimensione del primo livello dell’emergenza, quello di chi opera in prima linea, entra in contatto con i malati e li smista. Poi c’è il secondo step, quello di là dalla porta d’accesso all’ospedale.
Nello spazio coperto del pronto soccorso, attrezzato per l’arrivo delle ambulanze, si respira l’aria della continua sanificazione degli spazi e degli ambienti. Mentre si assiste al continuo cambio di tuta da parte dei sanitari che scendono dai mezzi sui quali invece sale il personale di Coopservice addetto alla pulizia e alla sanificazione delle ambulanze che dopo questa operazione sono pronte per ripartire.
Tra gli operatori delle pubbliche assistenze c’è chi prova a fare una battuta, a sdrammatizzare.
Proprio vero che l’unione fa la forza, perché dall’altra parte, vicinissimo, c’è questo nemico invisibile da vincere.