Dopo l’annuncio di Conte nel nuovo DPCM che ha fatto slittare le aperture dei saloni per parrucchieri ed estetisti al 1 giugno, non sono state poche le reazioni nel settore che oltre alla preoccupazione per gli aspetti economici che la chiusura di quasi due mesi ha comportato, da ieri sera aggiunge la rabbia per essere tra gli ultimi a poter ripartire.

“Solo un maschio poteva annunciare la riapertura dei parrucchieri il primo giugno. Cioè un lunedì”. La scrittrice Nadia Terranova si limita a una battuta ironica su Twitter. Oltretutto il 2 giugno è festa nazionale. Qualcun altro fa notare: “Mi spiegate la differenza di pericolo di contagio, tra uno che entra in metropolitana o sul bus e un cliente che entra su prenotazione, con le dovute precauzioni, in un salone di parrucchieri? Mi direte, è un lavoro di contatto ravvicinato: perché in metrò entri da solo?”

Andrea Guerrieri, presidente della CNA Benessere e Sanità

Portavoce di questo disagio è il presidente della CNA Benessere e Sanità, Andrea Guerrieri che commenta cosi le nuove direttive del Governo.

“Noi artigiani imprenditori ci sentiamo traditi da questo governo, non ci hanno fornito un adeguato sostegno economico volto a sopportare il peso dei costi di piccole imprese ed allo stesso tempo della nostra famiglia.

Dal giorno della chiusura imposta l’11 marzo abbiamo ricevuto solo 600 € largamente insufficienti per affrontare le spese sostenute.

Noi come categoria chiediamo al Governo il prolungamento della cassa integrazione, un sostegno al reddito più consistente, finanziamenti a fondo perduto, annullamento dell’ iva pregressa, dimezzamento dell’ Iva fino al 31 dicembre, apertura anticipata dei negozi almeno ridotta al minimo fino al 1 giugno.

E’ inoltre necessario – aggiunge Guerrieri – dover riaprire prima per contrastare l’abusivismo. Sarà inevitabile che qualcuno inizi ad andare a domicilio e in questo modo si mette a rischio la salute di tutti. I nostri saloni rispettano le norme igienico sanitarie,  le abitazioni private non possono garantire queste condizioni.

La categoria è allo stremo, da quando ci hanno imposto di chiudere ci sentiamo abbondonati.  Con le nostre piccole ma numerose imprese (siamo diffusi su tutto il territorio, è come se fossimo una grande azienda) creiamo posti di lavoro, – conclude il presidente di CNA benessere e sanità – ci assumiamo tutti i rischi d’impresa, senza contare che come artigiani abbiamo la pressione fiscale più alta. Inoltre abbiamo un ruolo sociale non indifferente, ci prendiamo cura del benessere psico-fisico delle persone.”