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L’analisi dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio sui risultati dell’indagine Excelsior effettuata fra il 22 giugno e il 6 luglio scorsi, evidenzia come il blocco totale delle attività per due mesi consecutivi e l’emergenza sanitaria abbiano innescato un allarme liquidità per il 53,6% delle imprese reggiane con almeno un dipendente. Il dato provinciale risulta lievemente superiore a quello dell’Emilia-Romagna, che si attesta al 52,7%, ma è decisamente più contenuto – quasi cinque punti percentuali – se confrontato con quello nazionale, attestato al 58,4%.

Le imprese dei servizi si confermano quelle più colpite dal lockdown dei mesi passati, tanto che il 54,1% dei casi prevedono difficoltà finanziarie nel semestre in corso, con punte che arrivano al 67,5% per le attività di alloggio e ristorazione e dei servizi turistici e del 60,2% per i servizi rivolti alla persona.

Le imprese dell’industria mostrano una solidità finanziaria relativamente maggiore: mediamente, il 52,9% (un po’ al di sotto della media) delle aziende del manifatturiero prevede di avere problemi causati dalla carenza di liquidità.

All’interno del comparto, però, sono diversi i settori che registrano difficoltà più elevate. E’ il caso delle industrie della carta-cartotecnica e stampa (72,9%), del sistema moda, nel quale la crisi di liquidità tocca il 68,4% delle imprese, e del settore ceramico, dove la percentuale scende lievemente, attestandosi al 63,4%. Difficoltà finanziarie per più di sei imprese su dieci anche per le industrie del legno e mobile (62,1%), per le “altre industrie” (66,4%).

Alcuni settori industriali, al contrario, prevedono una carenza di liquidità più contenuta, rispetto alla media del comparto, per i prossimi sei mesi. Per le industrie metallurgiche la quota percentuale scende al 45,9%, mentre è del 47,6% per la chimico-farmaceutica e gomma-plastica; per la filiera agroalimentare, poi, la percentuale è del 49% e del 49,6% per le industrie meccaniche ed elettroniche.

Relativamente alla dimensione aziendale, a soffrire maggiormente sono le micro imprese, cioè con un numero di dipendenti compreso tra uno e nove: quelle che prevedono un livello di liquidità insufficiente sono quasi il 60% del totale; mentre per quelle con più di 250 addetti la quota scende al 49%.