di Giacomo Sironi
Tempo di Covid, lockdown, paura del virus, mascherine per tutti, gente che si saluta per via ma non si riconosce, tante ore di casa mai fatte prima degli anziani, sono un invito a rimescolare nel passato, a pensare il mondo che fu, a certe vicende politiche e promesse anche andate deluse. Reggiolo ha avuto sue storie abbastanza recenti, da raccontare: dopo il boom economico, l’evoluzione dei partiti tradizionali, la promessa di una nuova primavera, col declino economico e dell’occupazione costante. Come in tutt’Italia, anche nel reggiano, la crisi arrabbiò gli elettori con astensione dalla cabina e nuovi movimenti che dovevano punire il partitismo, poi rivelatisi, ai giorni nostri, gli stessi “profeti” nati da un comico, divenuti accalappia poltrone.
Eravamo alla fine del ’95, esattamente 25 anni fa, ormai all’epilogo di “mani pulite”, col disfacimento della Democrazia Cristiana e partiti di sinistra, centro e destra che s’affannavano a cambiare sigle, per far dimenticare le loro supposte vergogne. Ricordo che gli ex Dc, anche a Reggiolo, si divisero spartendosi qualche soldo, tavoli, scrivanie, alcuni mobili della sede del partito, fino ad una scopa usata. Si giocava a pari o dispari per tenersi la sede del partito nella centrale piazza Martiri, finita al Ppi (Popolari), mentre Ccd e Cdu traslocarono. Anche lo storico segretario della Dc m.o Devinches Tirelli era fuorigioco da metà del ’95; una mattina mi raggiunse, sulla sua bici, mentre transitavo sotto i portici del centro di Reggiolo, per dirmi che i “figliastri” della Dc stavano spartendosi i mobili della sede e che la scrivania ottocentesca , donata dalla n.d. Amelia Sartoretti nel ’48 al partito, se l’era aggiudicata per 500 mila lire, un giovane Dc voglioso di fare politica. La stessa storica scrivania, successivamente, fu donata in patrimonio al Pd, dov’era approdato il proprietario ex Dc.
Più tardi il mobile avrebbe necessitato del restauro di un esperto impiallacciatore, ma il Pd non poteva disporre di una certa cifra e la scrivania, dopo qualche anno mal ridotta, finì al macero. Gli ex democristiani di Reggiolo, stavano vivendo momenti anche laceranti, in balia dei vari Bianco, Buttiglione, Zaccagnini, Casini, Franceschini e Segni: tutti sapevano ma nessuno voleva parlarne. Era comunque certo che la sede reggiolese della Dc, in piazza Martiri 44, era stata ‘violata’: dalla facciata dell’edificio era stato tolto l’emblema luminoso dello ‘scudocrociato’ e all’interno si facevano i conti. Ci fu, infatti, l’assalto degli ‘eredi’, che si affannarono per spartirsi un po’ di denaro e le suppellettili. Finiti fuori dalla porta gli ‘infedeli’ del Ccd prima della vistosa spaccatura, Popolari (Ppi) e Cdu, si spartirono il contante di un libretto bancario che, nettato da qualche debito da ripianare, fu diviso in giusta metà tra i due gruppi. In quei giorni c’era stata anche la nascita dell’Ulivo di Prodi, che rimescolava ulteriormente le carte nel centrosinistra, quando ancora gli ex piccì dovevano assumere un colore ben definito.
Le Amministrazioni di Reggiolo, ispirate alla sinistra (o centrosinistra), spesso con sigle civiche, negli ultimi decenni, fecero scarsa politica per incoraggiare la riconversione degli investimenti privati, scivolando in quella crisi crescente, senza programmazioni alternative. Il graduale spegnimento della produzione della maglieria e di altre imprese, il successivo crac della CMR ed il disastroso sisma del 2012, hanno fatto il resto. C’è stata poi la voglia di risorgere, con un’Amministrazione Pd fatta di molti ideologismi politici di sinistra e centrodestra, che contraddiranno il passato dei militanti comunisti, al comando per quasi mezzo secolo. Alcuni mesi prima che ci lasciasse per sempre, mi confessò il suo disgusto, per ciò che stava accadendo nella sinistra, l’amato e stimato ex sindaco piccì (per due mandati) Agostino Paluan. Col sindaco Mauro Panizza c’era stato un certo risveglio.
Dopo il devastante terremoto 2012, la successiva lista civica che ottenne la maggioranza, fu capeggiata dal giovane sindaco arch. Roberto Angeli, che – in questi anni – sta dimostrando solidità. Anche perché il sindaco Angeli ha capacità di decidere, affiancato da un esperto Ufficio Tecnico e dall’attivo assessore alla ricostruzione Franco Albinelli, procedendo anche alla riqualificazione urbanistica privata e pubblica (Rocca, Pal. Sartoretti (che ospiterà la nuova sede Municipale), Teatro comunale, Centro Vol.a.re, Oratorio, Chiesa parrocchiale, Canonica ed altri edifici storici) di Reggiolo, grazie al decisivo intervento della Regione Emilia-Romagna governata da Bonaccini.
Nella politica nazionale, degli ultimi vent’anni, non si può dire che l’azione e le posizioni dei maggiori partiti, si siano chiarite o arricchite, anche con l’avvento dell’era berlusconiana, che ha subito sbandamenti e la mannaia delle toghe sul Cav di Arcore. Cambiando sigle, tutte le aree politiche hanno smarrito l’identità, tanto da far emergere l’era grillina, nata contro i partiti, che prima s’è affermata come ‘movimento’ spontaneo, anche alla guida di alcune grandi città, per poi rivelarsi il partito più ‘poltronista’ mai visto, nonostante l’incompetenza di molti suoi esponenti. Dopo un governo fatto di contrapposizioni Lega-M5s a Palazzo Chigi, è nato il governo giallorosso (M5s-PD) col leader Conte, che fa da sé, senza troppo interpellare le camere istituzionali, spesso anche sbagliando, ma blindando la sua poltrona. Nelle ultime consultazioni elettorali parziali 2020 (Regionali e Comunali) il M5s è letteralmente crollato, con l’ispiratore Grillo fuori di senno e deflagrazioni per rivalità interne.
Anche nelle disposizioni anti-Covid, il premier Conte, opera spesso in discordanza con le Regioni, fidandosi di certi ‘esperti’, ignorando le sedi parlamentari e l’opposizione: fa e disfa con i suoi frequenti dpcm, che hanno leso anche principi della Costituzione, sull’autonomia personale. Dopo 25 anni l’Italia – oltre le ferite del Covid – resta in profonda crisi. I vecchi partiti sono ormai cancellati dal tempo, ma rimpianti: non c’è stata quella rinascita che i nuovi governanti avevano profetizzato. E’ crollata la produzione e conseguentemente il lavoro, aziende fuggono o chiudono, non esistono più investimenti importanti, già prima della pandemia. E Reggiolo non è da meno. La locale Amministrazione offre incentivi a chi apre attività commerciali e produttive all’ombra della Rocca. Intanto il debito pubblico in Italia è salito alle stelle, ci fa sentire sempre a debito con l’Ue, che offre soldi – che dovremo restituire – in cambio di migliaia di clandestini che sbarcano nel nostro Sud ed anche via terra, da farne dell’Italia un immenso campo profughi, di cui soltanto il 6 % fugge da guerre.
A Reggiolo – ringiovanita urbanisticamente nel post-sisma – come in ogni angolo dello Stivale, una volta debellato il Covid, si attende quella primavera promessa ma ancora lontana.