di Marina Davolio e Carlo Possa
I reggiani conoscono Filippo Re o per sentito dire, in quanto reggiano (è nato a Reggio nel 1763), o perché a lui è dedicata una delle scuole più belle della città. La famiglia di Filippo Re, di origine lombarda, si era trasferita a Reggio nel Settecento per esercitare la professione di mercanti nonché per la riscossione delle gabelle.
Filippo Re studiò a Ravenna dimostrando da subito una predilezione per le scienze naturali, la botanica e l’agricoltura (per poi diplomarsi in scienze matematiche nel 1781). La famiglia Re era proprietaria di molte terre del Reggiano, si parla di 1000 biolche reggiane, in prossimità della tenuta oggi denominata Valle Re. Questo non è un particolare di secondaria importanza perché permise a Filippo di sperimentare, sui terreni di famiglia, nuove tecniche agricole a cui teneva in modo particolare tanto da arrivare a ricoprire, con scienza e sapienza, la cattedra di agraria al Liceo di Reggio (siamo nel 1800).
Il 1798 per la città di Reggio Emilia e Filippo Re è stato un anno particolarmente travagliato. Ai tempi della Repubblica Cisalpina Filippo Re si allontanò da Reggio e, insieme al sacerdote Giandomenico Fioroni, percorse tutto l’Appennino reggiano.
Ebbe la possibilità di approfondire le sue cognizioni con studi e ricerche sulle condizioni economiche e sociali della montagna, pubblicando poi nel 1798 un resoconto nel quale affermava come l’insegnamento agronomico non fosse per lui fondato solo sull’esperienza fisica e chimica, ma anche su un atteggiamento contemplativo e un sincero amore per le bellezze del creato.
Pur prendendo parte alla Repubblica, a differenza del fratello non volle entrare nella vita politica tant’è che nel 1797 mette in mostra il ‘proprio carattere’ fuggendo in campagna per non dover pubblicamente giurare contro il re. È in questo periodo che pubblica “Viaggio al monte Ventasso ed alle terme di Quara nel Reggiano” e prende contatti con le popolazioni di montagna per poi scrivere, nel 1800, “Viaggio agronomico per la montagna reggiana e dei mezzi di migliorare l’agricoltura delle montagne reggiane”.
E osserva con curiosità paesaggi, fenomeni naturali, aspetti umani e sociali delle tante contrade attraversate.
Per i testi originali del Re è stata utilizzata la versione anastatica dell’edizione del 1927 curata da Carlo Casali, pubblicata nel 1998 dal Parco del Gigante, con una introduzione di Sergio Fiorini e la accurata presentazione dello storico Antonio Canovi.
Il Viaggio agronomico è una testimonianza interessantissima sullo stato dell’Appennino nell’800 dalla collina al crinale tosco-emiliano. Pur se Filippo Re non descrive le strade o le mulattiere percorse nel suo viaggio, il testo può essere un interessantissimo e intrigante baedecker per gli escursionisti che vogliono capire le profonde trasformazioni del paesaggio agrario montano a distanza di oltre 200 anni. Molti dei paesi toccati dal Re oggi si possono infatti raggiungere attraverso la fitta rete dei sentieri curati dal Cai, e quindi proponiamo in due parti (iniziando dalla collina) un viaggio escursionistico sulle orme del grande agronomo reggiano.
«Grassano conta 420 abitanti – scrive il Re – che usano con molta industria della vanga, a ripararsi dalla poco fertilità del terreno che per lo più rende il tre e talora il quattro (*). Ma cavano il maggior lucro dai numerosi frutti di buone specie, dalle abbondanti noci e castagne. Perciò non è mirabile se qui si moltiplicano assai bene le api, tuttocchè al solito poco curate. I buoni pascoli e prati li abilitano a mantenere molti bovini, siccome molte quercie assai porci».
A Grassano, nel Comune di San Polo, ci si può arrivare a piedi con la prima tappa del Sentiero dei Ducati (SD), che parte da Quattro Castella, per proseguire poi fino a Canossa, proprio di fronte. Ci sono molti prati e si allevano bovini. Dei castagneti sono rimasti forse solo alcuni terrazzamenti nascosi. Abbondano le noci e si vedono anche ulivi, non tutti recenti, ma non citati dal Re. Suggestivo il paesaggio sulla valle del rio Vico, sovrastata da Canossa e da Rossena.
«Canossa luogo così celebre ora popolato di sole 200 anime, e Casola Canossa di 250, sono sterili, ed appena rendono il tre. Il maggior prodotto lo hanno nel cicerchiello. Scarseggiano di canape. A Canossa hanno moltisime pecore e bonissimi pascoli; poche a Casola perché questi sono sterili. All’incontro qui vi è molta frutta […]. Filippo Re nulla dice dello stato del Castello di Canossa, poi studiato 75 anni dopo da Gaetano Chierici con i soci del Cai. A Canossa l’escursionista può arrivare con diversi sentieri: oltre al Sentiero dei Ducati, passa di qui la Via Matildica del Volto Santo (VMVS), anche sentiero Cai646, che sale da Pecorile e Casola Canossa nel Comune di Vezzano. Si può partire a piedi anche dalla Mucciatella sopra Puianello con il sentiero 646A, che si congiunge al 646 sul Monte Pentile. Da Casola Canossa si risale il torrente Campola sul 656A per poi salire a Canossa lungo l’appartata valle del rio San Biagio (sentiero 652A).
«Villaberza ha 277 abitanti […]. I suoi industriosi agricoltori vi seminano i ceci e le cicerchie dalle quali traggono il sei. Fa loro torto però il non governare i prati dai quali cavano due volte il fieno. Hanno molte vacche ed anche buoi, discreto numero di pecore, nessuna capra perché è loro vietato, e molti porci avendo assai ghiande. Abbondano di frutta di ogni sorta. Le viti, maritate qui agli alberi, danno buon vino. Si curano i castagni. V’hanno dei gelsi e la seta è buona […]». A Villaberza, nei pressi di Felina, nel Comune di Castelnovo ne’ Monti, oggi forse non abbondano ceci e cicerchie, ma il paesaggio è molto bello, arricchito da belle case a torre. Grandioso il panorama sull’Appennino. Due bei sentieri, il 674 e il 674A, permettono una comoda escursione ad anello tra Villaberza e il fascinoso borgo di Montecastagneto, dove il sacerdote don Franceso Ugoletti – racconta il Re – tentò con successo la coltivazione delle patate.
«La giurisdizione di Querciola, composta dalle ville di San Giovanni, San Pietro, Castello, Casola e Regnano, conta 1250 abitanti. Il frumento vi rende il 4, la scandella e le cicerchie un po’ più. Vi coltivano qualche po’ di canape. A Regnano abbonda la spelta e si coltiva anche un po’ di frumentone, e la fava vi da il 4. Qui gli orti sono buoni, come pure i pascoli e i prati, e per conseguenza hanno molti bovini e pecore. […] A Regnano v’è quantità d’ogni sorta di frutta e buone viti, non mancano le api, i gelsi, e perciò i bachi». Come già si può intuire, al tempo di Filippo Re l’agricoltura era molto più varia di oggi: frutta, castagne, viti un po’ dovunque, molti legumi, la scandella (o orzo francese), il gelso, la canapa, la spelta (un cereale di antiche origini). Chissà se tracce di queste coltivazioni si possono oggi rintracciare camminando sui tanti sentieri della Querciola (nel Comune di Viano). Tutta la zona, da Regnano a San Giovanni, è attraversata dal Sentiero Spallanzani (SSP), il lungo trekking che da Reggio Emilia e Scandiano raggiunge il Passo di San Pellegrino, nella Querciola in uno dei suoi tratti più belli. Un anello escursionistico molto bello è quello che parte da Regnano per Ca’ Bertacchi, Tabiano, Castello, Fondiano per tornare da qui a Regnano (sentiero 616). Da Casola parte anche il Sentiero dei Vulcani di Fango (SVF), che passa da Regnano per proseguire poi per Viano fino a raggiungere le Salse di Nirano, nel Modenese. Il famoso fenomeno naturale delle Salse di Casola e di Regnano (i “vulcanetti”) sembra non attirare l’attenzione del Re: è strano, perché oltre che dal Vallisneri, il fenomeno era stato studiato attentamente pochissimi anni prima da un altro illustre reggiano, Lazzaro Spallanzani.
«Pavullo di 1000 abitanti, ricco di castagni, di frutta, di ottimi pascoli e prati, rende il 4 nel frumento ed il 6 nella fava. Abbondante di bovi e vacche ha moltissime pecore e suini. Vi si trovano parecchie api, e qualche gelso per nodrire i bachi. Bisogna però convenire che si lavora poco bene quel terreno, che è soggetto in parte a franare». Pavullo, oggi Paullo, nel Comune di Casina, può essere una piacevole meta per gli escursionisti, attirati anche dalla bella chiesa di origini romaniche, con la sua caratteristica facciata in pietra. Dalla Statale 63, poco dopo la Bettola, si può salire a Paullo con i sentieri 656B, che passa da Casalia, e con il 656. Questo sentiero prosegue poi per Croccicchio, dove incontra la VMVS. Da Paullo il 656A va a Susineta, Sordiglio per poi scendere nella valle della Campola sotto Bergogno e Votigno.
(*) La resa del tre o del quattro indicava la produttività del terreno, con il rapporto rispetto ai semi seminati.
Utili per percorrere i sentieri dell’Appennino reggiano sono le recenti Carte Escursionistiche al 25.000 di GeoMedia, realizzate con la collaborazione del Cai Reggio Emilia: “La Collina Reggiana” (Grassano, Canossa, Querciola, Paullo) e “L’Appennino Reggiano” (Villaberza).