Camminando nei pressi di Gottano. Sullo sfondo la Pietra di Bismantova

di Marina Davolio e Carlo Possa

Nel suo peregrinare, iniziato a Sampolo (chiaramente San Polo d’Enza), Re risale la valle dell’Enza e dopo aver raggiunto Vetto si spinge più in alto, verso i paesi dell’alta montagna.
Nel corso del viaggio agronomico che Filippo Re intraprende nel 1800 in Appennino, spesso si sofferma a osservare con curiosità (scientifica) luoghi, paesaggi, ambienti, annotando anche aspetti umani e sociali delle tante e remote contrade attraversate.
I diari di viaggio e le lettere alla cognata Catterina Busetti (moglie del fratello Antonio rimasto in città con la famiglia e confidente di una vita), testimoniano le forti emozioni che Filippo Re prova nel corso del lungo ‘pellegrinaggio montano’.
È in questi scritti che ironicamente si autodefinisce ‘Arlecchino viaggiatore’, ‘Arlecchino politico’, ‘uomo prudente’.

Sul Sentiero dei Ducati tra Gottano e Cereggio (foto Carlo Possa)

Filippo Re vive e ‘sperimenta’ nuove tecniche agrarie in un periodo storico in cui vige la mezzadria, contratto agrario in cui crede moltissimo. Incentiva l’allevamento del bestiame attraverso l’introduzione dei prati artificiali. Sostiene la coltura dell’erba medica e, con una metodicità innovativa per i tempi, raccoglie dati e li confronta per porre le basi di un miglioramento agrario. Sperimenta l’utilizzo del letame come fertilizzante e promuove la coltivazione della patata (il pane della terra). Sperimenta anche la coltivazione della pianta di cotone, portata nelle terre italiane da Napoleone, che però non riesce adattecchire.

Sentiero Ducati, il Cusna visto da Gottano

Scrive un po’ di tutto sulla coltivazione e sulle caratteristiche delle piante con un linguaggio erudito ma anche semplice, comprensibile a molti.
Di certo Filippo Re è un innovatore in ambito agrario, il primo a essersi accostato all’agricoltura con metodo scientifico, attraverso l’osservazione, il ragionamento, la sperimentazione, mettendo il sapere a servizio del miglioramento. Ma è anche uno scienziato di ‘vecchio stampo’: raccoglie in un preziosissimo erbario piante e fiori, un erbario bellissimo oggi conservato ai Musei Civici di Reggio Emilia. Alcuni campioni sono fissati alla carta con striscioline di seta colorata (a dimostrazione delle origini remote della coltivazione del baco da seta nel Reggiano). Altri con colla naturale, o spilli. Un erbario enciclopedico che classifica e racconta.

Docente di agraria dal 1804 al 1814 all’Università di Bologna, magnifico rettore e poi ideatore dell’orto botanico, quando perde la cattedra a Bologna non accetta gli incarichi proposti dagli atenei di Napoli (Regno delle Due Sicilie) e di Pavia (Impero Austriaco). Dopo la Restaurazione e il ritorno al potere dei sovrani in tutta Europa, preferisce rimanere vicino alle terre reggiane accettando la cattedra di agraria e botanica presso l’Università di Modena, mantenendo sempre buoni contatti con gli orti botanici di tutta la penisola (non ancora Italia) a cui chiede compulsivamente piante e semi. Filippo Re muore di tifo a Reggio Emilia, a 54 anni, nel corso della epidemia del 1817.

Sul Sentiero dei Ducati nei pressi di Gottano

«Traversata la Lonza scrive Re dopo aver lasciato Vetto cominciai a salire su Gottano. L’ora era tarda, e bisognava camminare assai lentamente attesa la stanchezza della mia cavalcatura. Ciò mi diede agio ad osservare uno spettacolo nuovo, dopo aver altre volte veduta tanta parte delle nostre montagne. Tutti i fondi sono cinti di palizzate di quercia o cerro, ovvero di folti siepi vive. Subito m’immaginai che questo fosse il luogo più giudiziosamente coltivato di que’ paesi. Arrivato all’abitazione del Cap. Fratta fui accolto con una cordialità di quelle, che non sono finte e generate dalla convenienza, o dal rispetto umano. Bisogna convenirne, la sceltezza degli alimenti, la magnificenza e gli agi si trovano in pianura. Ma il buon cuore, e le virtù dell’ospitalità sono riservate alla montagna […]. Gottano di circa 150 abitanti, de’ quali non muore per lo più che un solo ogni due anni arrivando agli ottanta e novant’anni, è situato sopra un masso di cocco (tufo) ricoperto di terra coltivabile non molto fertile. L’industria degli abitanti negli anni ordinari vi raccoglie il grano che basta ai loro moderati bisogni […] Seminano frumento, fave marzole (Vicia Faba L.), veccia (Viccia sativa L.), scandella od orzola (Hordeum distichum L.) e fariola (Triticum Spelta L.), che rendono tra il quattro e il sei».
Lasciato Vetto, anche oggi si può raggiungere Gottano seguendo il Sentiero dei Ducati (SD). Si arriva prima a Gottano di Sotto e poi una ripida salita porta al fascinoso borgo di Gottano di Sopra, oggi senz’altro meno popoloso che nel 1800. Sicuramente la varietà delle coltivazioni non è quella del 1800, ma rimane però l’atmosfera antica di un paese ricco di storia e di pregevoli edifici, sottopassi, portali, che fanno corona alla piazza con la bella chiesa e l’importante campanile. L’atmosfera del mondo agrario dei tempi del Re si può ritrovare nel singolare Museo della Civiltà Contadina realizzato da Gianni Predieri. Da Gottano, proseguendo sul SD, si arriva con un comodo e molto panoramico percorso che si affaccia sulla valle della Lonza, fino all’interessante borgo di Cereggio.

Nismozza

Da Gottano Filippo Re prosegue verso il Ventasso e i paesi che lo circondano. «Nismozza comunemente detta Ripsatta ha circa 110 abitanti […]. I castagni di cui abbonda la villa sono stimati fornire la migliore farina che si tragga da tutte le castagne nate su’ luoghi alla sinistra della Secchia. Nella coltivazione di essi la natura fa ciò che può. L’arte non dà loro verun aiuto. Solo il Canonico Manenti, uno dei migliori agronomi della montagna, si interessa moltissimo a promuoverne il miglioramento, e coll’esempio, e co’ fatti, introducendo coll’innesto nuove specie, educando bene le piante antiche, e ponendone delle nuove. Alle falde del Ventasso trovasi in questa villa un ricchissimo vivaio naturale di castagni, da cui se ne sono cavate parecchie migliaia, eppure appena si conosce. Ma nemmeno da esso si ricava il vantaggio che si potrebbe. In nessun luogo di monte ho veduto noci così sterminate come in Ripsatta. Da una sola cavarono un anno 81 libbra d’olio. Scarsa è l’uva sebbene sia ottimo il vino. Non mancano le frutta, e non mi scorderò facilmente la squisitezza delle ciliege e delle susine».

Un castagno secolare sotto Vallisnera, verso Collagna. Un gruppo di escursionisti del Cai con lo scultore Remo Belletti

Anche oggi Nismozza è circondata da bellissimi castagneti, ed è interessante e ancora attuale la riflessione del Re sul ruolo che potrebbe avere la coltivazione delle castagne. Manca l’ottimo vino, ma certamente non mancano interessanti escursioni che partono dal paese, con la sua interessante Corte dei Manenti. Il sentiero 663 è uno dei percorsi classici per raggiungere la vetta del Ventasso. Tra castagneti e faggete si sale (e la salita si fa sentire!) fino al Bivacco S. Maria Maddalena, in un ambiente bellissimo di alta montagna proprio sotto la vetta. Da qui un sentiero per escursionisti esperti porta alla cima. Il 633 va anche da Nismozza a Busana, senza particolari pendenze, affacciandosi sulla valle del Secchia: stando sempre in quota il sentiero da Busana prosegue per Cervarezza: è un itinerario molto bello, di grande interesse per gli escursionisti.

Valbona, sul sentiero dei Pastori (foto Carlo Possa)

Alle pendici del Ventasso Filippo Re si ferma diversi giorni, visitando anche Acquabona, Vallisnera e Valbona. «Vallisnera conta 250 abitanti. Il suo terreno peccante piuttosto per l’eccesso dell’argilla è buono. Il frumento vi rende il cinque, e qualche cosa di più gli altri grani. Ne’ viti ne’ frutti toltone qualche noce vi allignano. Bensì sul confine di Culagna sta vasta selva di castagni di smisurata altezza e grossezza. Ma sono tutti selvatici. Tutte le volte che entro in questo castagneto mi è forza inveire contro i padroni che mai pensarono di innestarli […]. Vuoto d’alberi affatto, tranne qualche pioppo è Valbona di 125 abitanti. Sebbene esposta a mezzodì non può per l’ombra de’ monti, che la cingono, goderne il benefizio. In questo luogo posto al piè dell’alpe gli inverni sono lunghissimi, breve la vegetazione, ancora che buono ne sia il terreno […]. I pascoli posti nell’alpe sono copiosi ed ottimi, ed eccellenti i prati vicini all’abitato. Con questi mezzi tengono delle vacche che non hanno per la bellezza eguali in tutta la montagna […]».

Sul Sentiero dei Ducati tra Gottano e Cereggio. Alle spalle la valle della Lonza e il Ventasso (foto Carlo Possa)

I paesaggi, oggi, di Vallisnera e Valbona non sembrano molto dissimili da quelli visti da Filippo Re. I castagni secolari tra Collagna e Vallisnera impressionano ancora per la loro imponenza. Le vacche al pascolo, assieme a pecore e capre intorno a Valbona sono parte integrante del paesaggio (cosa non sempre consueta nel nostro Appennino). A Vallisnera si può salire a piedi da Collagna, seguendo il bel sentiero 679 che prosegue poi per il Passo di Pratizzano. Da Valbona passa il bellissimo Sentiero dei Pastori (609), che collega molti dei paesi dell’alta montagna reggiana, da Civago a Miscoso. Molto appagante il tratto che collega Valbona a Cerreto Alpi, con spettacolari panorami sulla valle del Secchia e sulle cime più alte dell’Appennino.

Per i testi originali del Re è stata utilizzata la versione anastatica dell’edizione del 1927 curata da Carlo Casali, pubblicata nel 1998 dal Parco del Gigante, con una introduzione di Sergio Fiorini e la accurata presentazione dello storico Antonio Canovi.
Utili per percorrere i sentieri dell’Appennino reggiano sono le Carte Escursionistiche al 25:000 (ed. 2020) di GeoMedia, realizzate con la collaborazione del Cai Reggio Emilia: “L’Appennino Reggiano” (Gottano) e “Alto Appennino Reggiano” (Nismozza, Vallisnera e Valbona).