di Dario Caselli

A Giuseppe Conte e Matteo Salvini si è aggiunta la voce di Graziano Delrio: vogliono che Mario Draghi riferisca in Parlamento sull’invio di armi all’Ucraina, vale a dire sulla questione già discussa e votata quasi all’unanimità all’inizio della guerra. Cosa c’è dunque di nuovo? Nulla, i russi continuano a bombardare indiscriminatamente le città, colpendo numerosi obbiettivi civili, come lo zoo di Karkiv, forse che gli animali feroci siano in grado di cambiare le sorti della guerra? Nel farlo, uccidono quei volontari che cercano di portarli in salvo. Per non parlare di ciò che racconta il direttore della Caritas di Kiev che ha parlato di cinquanta villaggi in Polyssia, ai confini con la Bielorussia, dove i civili «hanno vissuto orrori come a Bucha».
La tesi è che l’invio delle armi allontana la pace, ma i nostri eroi hanno votato l’invio delle armi, o almeno i loro partiti. Quindi dovremmo inviare armi, ma non per consentire agli ucraini di vincere, elmetti, giubbotti antiproiettili. Gli ucraini, che muoiono come mosche sotto le bombe russe, dovrebbero reagire senza esagerare, evitando con cura che i russi possano perdere. In altre parole, dovremmo dire a mariti, padri, sorelle, madri, figli delle persone torturate e trucidate nelle città occupate che non devono esagerare, che possono usare le nostre armi, ma con misura. Che dovrebbero rinunciare ad un pezzo del loro Paese, certamente alla Crimea, la cui annessione nessuno ha mai riconosciuto, a tutto il Dombass e perché non ad Odessa, in modo che l’Ucraina ne esca stritolata economicamente per sempre. È la linea sintetizzata da Conte nello slogan: «Legittimità nel difendersi, non nel contrattaccare».
E’ evidente il tentativo di strizzare l’occhio a quella parte di opinione pubblica contraria all’invio di armi, perché non ha il coraggio di dire che tifa per Putin, come certi nostalgici dell’ex Unione Sovietica o che ritiene che in fondo la fine dell’Europa e della Nato sarebbe auspicabile, ma si guarda bene dall’emigrare nel paradiso russo. Per non parlare dei leoni da tastiera che pensano come il patriarca Kirill, che l’Occidente sia ormai preda di drogati, eccessi di libertà e parate gay. Di qui i giochi di parole sulla resistenza che non deve resistere troppo e le armi che non devono essere troppo letali.
Insomma, se i russi usano missili, carri, cannoni, gli ucraini dovrebbero usare cerbottane. Sarebbe più serio dire che gli ucraini si dovrebbero arrendere, anche se i russi militarmente stanno fallendo, al netto dei bombardamenti indiscriminati.
Bisogna far agire la diplomazia, si dice, ignorando che Putin non si può fermare, se non dopo aver smembrato e distrutto l’Ucraina e si tace sul fatto che sta distruggendo pure la Russia, dopo averla saccheggiata per oltre vent’ anni. Si tace sul fatto che un milione di russi se ne sono già andati dal Paese, quelli che avevano i mezzi o le professionalità per cercarsi un lavoro altrove. Alla fine di marzo davanti alla Duma, il capo dell’associazione per le comunicazioni elettroniche russe ha detto che erano già partiti 50.000 programmatori di software e altri 100.000 sarebbero partiti, perché non vedevano più alcuna prospettiva nel loro Paese.
Dietro queste contorsioni di Conte e compagnia, c’è pure l’idea che dovremmo sganciarci dagli Usa e dalla Nato, perché abbiamo interessi diversi. Probabile, ma sono gli stessi che non vogliono spendere i soldi necessari affinché l’Europa diventi una potenza militare e nucleare, questa è l’unica strada per poter decidere del proprio destino.
Resta anche da dire che fuori dal mercato russo noi soffriremo, ma fuori dal mercato americano e dei loro alleati, moriremmo. Lo hanno capito persino i cinesi di Lenovo, che lasciano la Russia per paura delle sanzioni secondarie americane. La pace non arriverà perché la chiede Delrio, ma solo se gli ucraini fermeranno i russi costringendoli a trattare e ad accontentarsi di un pezzo di Ucraina, visto che l’obbiettivo era di prenderla tutta e solo la loro inefficienza lo ha impedito.
Infatti le armi sono state inviate in un crescendo, man mano che gli ucraini mostravano il coraggio che noi europei abbiamo perso da tempo. Tutti vogliamo arrivare alla pace, ma le rese hanno prodotto nuove guerre, non pace stabile e comunque anche la pace ha un costo e non bisogna aver paura di pagarlo, come fecero i nostri padri.