Un uomo di 35 anni, residente a Guastalla, è stato condannato a un anno di reclusione, sospensione della pena grazie al riconoscimento della seminfermità mentale, ma la pubblica accusa per lui aveva chiesto una condanna a 3 anni e 8 mesi. L’accusa? Maltrattamenti in famiglia, avvenuti sei anni fa, con violenza inaudita contro l’anziano padre, con calci e pugni, tanto da farlo finire in ospedale con traumi guaribili in almeno un mese. Un dramma familiare alla base dei fatti, con un figlio spesso aggressivo. Gli episodi contestati risalgono al periodo tra il 2014 e il 2016.

Una situazione esasperante, che aveva convinto i genitori, loro malgrado, a denunciare il figlio ai carabinieri, di fronte a sofferenze fisiche e psicologiche picchiandolo e minacciandolo per futili motivi, perfino a un semplice rifiuto di dare soldi o sigarette. Lanci di oggetti, colpi contro gli arredi, fino alla violenza fisica. In un caso perfino un agguato mentre il padre dormiva. Ne aveva fatto le spese anche la madre, che viveva altrove.

Difeso dagli avvocati Federico Mosti e Costantino Diana, l’imputato avrebbe sofferto di black out mentali, che non lo rendevano lucido in quelle occasioni. Una tesi che ha convinto il giudice Michela Caputo a ridurre la pena richiesta dal pubblico ministero, limitandosi a un anno di reclusione.