REGGIO EMILIA – Il 13 ottobre scorso, nell’ambito dell’operazione “Grimilde”, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bologna, dottoressa Beatrice Ronchi, il Raggruppamento Operativo Speciale ed il Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Emilia ha dato esecuzione ad una misura di prevenzione patrimoniale che ha portato al sequestro di beni per un valore di circa 10 milioni di euro a carico dei fratelli Muto Antonio e Cesare, il primo dei quali condannato con sentenza irrevocabile nell’ambito del processo “Aemilia” per associazione di tipo mafioso, truffa ed estorsione, tutti reati aggravati dall’art. 416 bis.1 c.p., in quanto appartenente al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro.
L’esecuzione ha interessato le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Crotone, ed ha comportato il sequestro di:
- 5 aziende operanti nel settore degli autotrasporti ed immobiliare, del valore complessivo di 3 milioni di euro;
- 6 immobili (tra cui un capannone industriale sede delle aziende di autotrasporti, 4 abitazioni, un fabbricato in corso di costruzione), acquistati ad un prezzo complessivo di 3 milioni euro;
- 92 veicoli, tra cui 28 trattori stradali, 43 semirimorchi, 5 autobus, 4 furgoni, 2 autocarri, 10 autovetture tra cui una Maserati e due Volkswagen, 1 motociclo ed 1 quadriciclo, acquistati ad un prezzo complessivo di oltre 1 milione e mezzo di euro;
- 18 rapporti bancari le cui giacenze complessive sono tuttora ignote.
Le indagini patrimoniali condotte dal I Reparto Investigativo del ROS, svolte sulla scia degli accertamenti condotti per l’operazione “Grimilde”, hanno confermato la riferibilità ai fratelli Muto di diverse attività imprenditoriali, formalmente intestate a prestanome, nonché l’accumulo illecito di significativi patrimoni personali.
Dall’esito delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli interessati, corroborate dalle risultanze emerse a seguito dei precedenti interventi, sono state trovate conferme in ordine alla gestione occulta di imprese operanti su tutto il territorio nazionale.
Dopo appena 2 mesi dall’interdittiva antimafia che li aveva colpiti nel 2013, i fratelli Muto hanno costituito ed avviato una nuova società di trasporti e viaggi turistici, la Cospar, intestandone le quote al prestanome Pangalli Salvatore Nicola, ingegnere di origini crotonesi. Grazie agli accertamenti bancari è stato possibile accertare che il Pangalli ha costituito la Cospar con provvista messagli a disposizione dalle società dei Muto facendola transitare sui conti di una società “cartiera”.
Da ultimo, l’indagine economico-finanziaria ha confermato i legami tra i fratelli Muto e gli altri imprenditori già condannati per aver fatto parte del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, quali Giglio Giuseppe ed i fratelli Vertinelli.