di Giuseppe Adriano Rossi

Da Sin. Don Giovanni Rossi e l’Arcivescovo Giacomo Morandi

REGGIO EMILIA – I versetti 32-35 del quarto capitolo degli “Atti degli Apostoli” sono stati il leitmotiv della efficace riflessione che l’arcivescovo Giacomo ha proposto alla riunione della Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali, svoltasi la sera di mercoledì 28 dicembre nella sala conferenze del Museo diocesano.

L’incontro è stato introdotto dal vicario episcopale don Giovanni Rossi che lo ha definito un importante momento ecclesiale. Ha sottolineato la varietà di aggregazioni che contraddistingue la Chiesa reggiano-guastallese e ha rimarcato l’importanza di questo primo incontro comunitario delle associazioni e dei movimenti con il Vescovo per ricevere dal suo magistero precise indicazioni pastorali, in relazione anche all’attuazione del Sinodo.

Mons. Morandi ha evidenziato due parole che ricorrono nel brano citato degli “Atti”: assiduità e insieme.

La molteplicità e la copiosità dei doni deve sostenere la vita della comunità ecclesiale e non invece essere il grimaldello della frattura della comunione al suo interno. La vita cristiana non è una partecipazione part time, ma un servizio permanente.

L’arcivescovo Giacomo Morandi

L’arcivescovo ha sottolineato la necessità di una crescita costante nella fede, per cui le associazioni devono garantire un tempo di approfondimento. Comunione e preghiera: altro fondamentale binomio perché non c’è separazione tra insegnamento e vita quotidiana; questa è la dimensione eucaristica della Chiesa.

Caratteristiche di una comunità cristiana sono l’assiduità, la perseveranza, la condivisione e il rallegrarsi del carisma del fratello; invece sussiste il pericolo dell’assolutizzazione della propria esperienza, della diffidenza; ecco allora la vanità di voler apparire migliori  di altri.

Per questo, ha sottolineato l’arcivescovo Giacomo, occorre bandire dal vocabolario dell’evangelizzazione il “personalismo”, perché l’unico protagonista è lo Spirito Santo. Certamente le realtà associative sono state messe a dura prova dalla pandemia; ora occorre rivitalizzare, con lo stile della prima comunità cristiana che “aveva un cuor solo e un’anima sola”. Serve un forte impegno di comunione e di evangelizzazione; alle associazioni è richiesto un ruolo particolare nella spiritualità di ambiente, nell’animare cristianamente le realtà temporali, come ha raccomandato il Concilio; devono essere segno di un cammino comune.

Nelle conclusioni seguite al dibattito, l’arcivescovo ha ricordato l’impatto culturale esercitato a lungo dal Centro Giovanni XXIII – una bella cattedra – e la risonanza che aveva; ha rilevato invece oggi una proposta carente di confronto sotto questa prospettiva, mentre serve una lettura “credente” della realtà; attività che le associazioni possono fare con le loro competenze, facendo sentire la loro voce. Ha evidenziato che per le associazioni occorre trovare momenti di incontro e di relazioni, nonché una sede.

E’ questo un momento strategico per lavorare insieme, se non si vuole gestire con dignità il declino. Mons. Morandi ha lanciato la proposta di una due giorni di esercizi spirituali comuni – a Marola – per le aggregazioni per pregare, meditare, condividere; un’iniziativa che faccia riscoprire ciò che unisce: il Battesimo, declinando nella vita delle associazioni il cammino pastorale e sinodale della diocesi.

Infine, una preghiera di suffragio è stata recitata per quanti sono rimasti coinvolti nel drammatico incidente ad Ampasimanjeva in Madagascar.