di Giuseppe Adriano Rossi

REGGIO EMILIA – Vivere da figli di Dio, come raccomanda San Paolo al cap. 8 della Lettera ai Romani e contrastare le continue seduzioni del maligno sono stati il motivo conduttore della seconda catechesi quaresimale svolta dall’arcivescovo Giacomo in Cattedrale la sera di mercoledì 15 marzo.
L’irrompere della vita nuova in Cristo ha sottratto l’uomo dal dominio del peccato, ma il “nemico” non demorde. Dio ha creato l’uomo a sua immagine; per questo la Chiesa d’Oriente chiama i santi “i simili” e la Madonna “la similissima” a Dio.
Eppure nonostante il germe della vita nuova generata in ogni persona, rimangono i residui dell’uomo vecchio, su cui il demonio opera; siamo infatti evangelizzati “a macchia di leopardo”. Il diavolo mira a incrinare, destabilizzare la relazione che si è stabilita con Cristo attraverso i pensieri cattivi, a cui fanno seguito le passioni. Ecco, allora, la lotta interiore: è dal cuore che nascono i pensieri del male: come scrive l’evangelista Marco al cap. 7, sono le cose che escono dal cuore dell’uomo, le intenzioni cattive a contaminarlo: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.
L’arcivescovo, citando ampiamente i Padri della Chiesa, ha sottolineato che le tentazioni appartengono al cammino di fede, a cui il cristiano deve però opporsi. Ha ricordato i sette vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia; a questi la Chiesa orientale ne ha aggiunto un ottavo: la tristezza, staffetta del peccato. La suggestione del pensiero ha due origini, una esterna e l’altra interna, la più grave. Il credente deve essere preparato alla tentazione; San Giacomo scrive: beato l’uomo che resiste alle tentazioni perché dopo aver superato la prova riceverà in dono la vita eterna.
Mons. Morandi ha commentato in modo approfondito e coinvolgente al folto uditorio il cap. 3 di Genesi in cui è descritto l’agire del nemico, il diavolo, nei confronti di Eva ed Adamo: l’attacco alle convinzioni, la distorsione dell’immagine di Dio, l’inganno. Infine, l’assenso della creatura umana e l’uomo diventa schiavo del pensiero.
Quale strategia allora il cristiano deve mettere in campo? L’arcivescovo Giacomo ha focalizzato al riguardo “la vigilanza” (nepsis) e l’attenzione (prosoché). Da ciò discende la necessità del discernimento, che esclude la fretta.
Mons. Giacomo Morandi ha concluso la sua seconda “lectio magistralis” con una nota di letizia: essere cristiani deve essere un’esplosione di gioia.