REGGIO EMILIA – “Le tradizioni enogastronomiche di un territorio sono tanto più particolari quanto più quel luogo ha saputo aprirsi, nel corso del tempo, alle contaminazioni e alle esperienze di altre popolazioni. Ed è grazie alla capacità di integrare tradizioni diverse che si genera un’identità culturale originale e innovativa anche in cucina”. Anna Marmiroli, responsabile della Delegazione reggiana dell’Accademia Italiana della Cucina, ha introdotto così il tema della conviviale culturale annuale, che si è tenuta al Cere di Reggio Emilia nei giorni scorsi, alla quale ha partecipato l’assessore alle Attività produttive e alla valorizzazione del centro storico Maria Francesca Sidoli, con cui l’Accademia ha avviato un importante confronto per la valorizzazione del patrimonio enogastronomico reggiano.
Dimostrare che la contaminazione gastronomica è parte integrante nella costruzione delle tradizioni alimentari di un territorio è il tema su cui si sono confrontati i relatori, a partire dal presidente onorario dell’Accademia Italiana della Cucina Giovanni Ballarini, antropologo e professore emerito dell’Università degli studi di Parma che, in un interessante excursus sulle principali contaminazioni avvenute nella storia gastronomica italiana, ha sottolineato come “non esistono culture più importanti o meno importanti: chi si apre di più alla contaminazione lascia solchi di tradizione più fertili”.
La professoressa associata e direttrice del master in Storia e cultura dell’alimentazione dell’Università degli studi di Bologna, Antonella Campanini, ha quindi presentato gli studi sugli scambi culinari e la circolazione di ricette in Italia, dal basso Medioevo alle soglie del XX secolo; un’analisi storica che conferma i numerosi punti di incontro tra diverse culture che hanno contribuito a cambiare le tradizioni enogastronomiche italiane.
Le suggestioni orientali della civiltà bizantina sono state illustrate dalla professoressa associata di Civiltà Bizantina dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Alessandra Bucossi, la cui relazione è stata particolarmente apprezzata dal sindaco di Baiso Fabrizio Corti, presente al convegno, il cui comune ogni anno organizza la Tavola di Bisanzio, evento culturale dedicato al recupero delle tradizioni importate dai bizantini oltre dodici secoli fa che hanno influenzato i sapori di questi luoghi.
“La contaminazione è un processo multidisciplinare attraverso cui l’uomo e l’ambiente si sono sviluppati, modificati e ridefiniti, un fattore ineludibile di cambiamento per l’uomo e per l’ambiente” ha evidenziato Carlo Corradini, professore associato di Paleontologia dell’Università degli studi di Trieste e accademico della Delegazione reggiana.
L’ingegnere chimico esperto di Scienze della vita e accademico Mauro Catellani, ha proposto quindi una interessante analisi della società e i suoi orientamenti futuri. “In tutto il mondo ci sono dieci multinazionali che decidono il 70% del cibo e controllano oltre 700 marchi; quasi l’8% del loro fatturato è investito in pubblicità, pari a circa 40 miliardi di dollari ogni anno. E’ facile comprendere la capacità invasiva e monopolizzante di questi colossi nel mercato enogastronomico” ha spiegato l’ingegner Catellani. “Nel nostro futuro quindi ci saranno cibi sempre più standardizzati, anche a basso costo, che orientano i gusti e le preferenze dei consumatori. La contaminazione, in questo caso, diviene un processo al ribasso con la diminuzione di varietà e opportunità”.
Da qui l’importanza di iniziative a protezione dei cibi e delle eccellenze locali, come l’assegnazione della DeCo denominazione comunale di origine per il cappelletto reggiano, che significa proteggere non solo un cibo, ma l’intero tessuto economico di un territorio.
L’assessore del Comune di Reggio Emilia Maria Francesca Sidoli, tra i principali sostenitori del riconoscimento della denominazione comunale di origine (DeCo) al cappelletto reggiano, ha ricordato il ruolo fondamentale dell’Accademia della Cucina nella collaborazione con l’Amministrazione comunale, a cui fornisce continui stimoli e orientamenti perché “il cibo richiama i temi della memoria, della tradizione, dell’identità, è simbolico, viene dalla nostre famiglie e rappresenta un fattore culturale identitario di un territorio e di un popolo. E’ importante quindi saperlo interpretare e tenere nella giusta considerazione poiché esso influenza l’intero sistema economico, commerciale e urbanistico del territorio”.
“Oggi siamo sottoposti a una contaminazione utile, ma sempre più veloce e pervasiva – ha commentato nelle sue conclusioni la responsabile della Delegazione reggiana dell’Accademia Italiana della Cucina Anna Marmiroli – dobbiamo pertanto recuperare il significato dei cibi che scegliamo e mangiamo perché, come ricordava il professor Ballarini, “una alimentazione senza significati è una alimentazione senza anima, quindi culturalmente morta”.
Tra i presenti al convegno un’ampia rappresentanza dell’Associazione del Cappelletto reggiano, del Consorzio tutela Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia dop e del Club del Fornello con cui la Delegazione reggiana dell’Accademia collabora costantemente in tavoli di lavoro e di ricerca. Erano presenti anche Alberto Ferraboschi, responsabile della gestione del sistema bibliotecario della Biblioteca di Reggio Emilia Panizzi e Giuseppe Adriano Rossi, presidente della Deputazione di Storia Patria per le antiche provincie modenesi – sezione di Reggio Emilia. In sala anche una rappresentanza di alunni e insegnanti degli istituti a indirizzo alberghiero “Angelo Motti” di Reggio Emilia e “Nelson Mandela” di Castelnovo Monti con cui l’Accademia reggiana collabora attivamente da diversi anni.
Folta la partecipazione anche da parte degli accademici locali, come Pier Paolo Veroni delegato di Carpi e Correggio nonché coordinatore territoriale dell’Emilia, e di altre regioni, tra cui Cristina Ciusa delegata di Milano Navigli, Gioacchino Giovanni Japichino delegato di Parma, Chiara Prati delegata di Parma Bassa Parmense, Giovanni Spartà delegato di Parma Borgo Val di Taro, Mauro Taddia delegato di Bologna Bentivoglio, Roberto Tanzi delegato di Salsomaggiore, Catia Polverini e Marco Pirruccio in rappresentanza della Delegazione di Bologna.