Il piccolo Blerim insieme ai genitori e Matteo Iori

REGGIO EMILIA – Matteo Iori, presidente del Consiglio di Reggio Emilia, ha conferito nei giorni scorsi la cittadinanza italiana a una trentina di stranieri che aspettavano da anni questo riconoscimento. Il Dott. Iori, in una lettera aperta che riportiamo, fa una breve considerazione sui figli degli stranieri che nascono e vivono a Reggio Emilia.

“Che paura vi fa questo bimbo? Perché pensate che non debba avere le stesse possibilità che hanno gli altri bimbi che, come lui, sono nati a Reggio Emilia? Se non avessi conferito la cittadinanza italiana a Blerim, il suo papà proveniente dall’Albania, lui non sarebbe diventato italiano. Sarebbe cresciuto a Reggio, avrebbe frequentato le nostre scuole, parlato la nostra lingua, sarebbe stato circondato da amici reggiani, ma sarebbe stato diverso e con molti meno diritti. Non avrebbe potuto fare vacanze all’estero con gli amici, progetti Erasmus o di studio all’estero, avrebbe avuto difficoltà nell’iscrizione in associazioni sportive, pur diplomandosi o laureandosi con il massimo dei voti non avrebbe potuto partecipare a concorsi pubblici, e tanto altro ancora. 

Marcela con la famiglia

Avrebbe dovuto aspettare anni prima di ottenere la cittadinanza italiana, come ha dovuto aspettare Marcela, che è arrivata a Reggio dalla Repubblica Dominicana da piccolissima e qui ha fatto tutte le scuole, ma ha dovuto aspettare fino a 26 anni per diventare cittadina italiana. Così come ha aspettato fino a 23 anni Shkelqesa del Kossovo che solo ora è diventata cittadina italiana insieme alla mamma Aferdite, anche lei dopo avere fatto tutte le scuole a Reggio sin dalla prima elementare. Più fortunata è la piccola figlia di Lahcen, del Marocco, grazie alla cittadinanza che ho conferito a suo padre potrà cominciare le scuole come italiana.

Matteo Iori con la 23enne Shkelqusa e la mamma

Ogni tanto sento qualcuno che si lamenta del fatto che ci siano cittadini di origine straniera che a suo dire non si integrano a sufficienza. Ma se noi siamo i primi a non permettergli di sentirsi italiani e di crescere con gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri, se da bambini li trattiamo diversamente da tutti i loro amici, come possiamo pretendere che si sentano italiani e reggiani sin dall’infanzia? Finché continueremo ad avere paura di questi bimbi, non potremo fare nessun passo in avanti”