
REGGIO EMILIA – L’artista Gonzalo Borondo è il protagonista della mostra allo SpazioC21 nell’ambito della sezione OFF di Fotografia Europea 2023, con la mostra Substratum, in cui indaga il tema dell’identità in modo unico. In collaborazione con la galleria Spazio C21, lo Studio PPI & Partners ha dedicato un vernissage e un’esposizione sui graffiti su vetro dell’artista madrileno nel giardino dello studio.
Laura Gasparini ha intervistato per noi l’artista Gonzalo Borondo e Alberto Peroni, socio dello Studio PPI.
LG: Gonzalo, hai seguito un percorso di formazione accademico specializzandoti nello studio dell’arte antica e dei grandi maestri per poi scegliere la strada, gli spazi pubblici per esprimerti. Quando hai maturato questa idea e perchè?

GB: Ho seguito il percorso di formazione accademico che c’era, quando ero adolescente, all’Accademia di Belle Arti di Madrid, il quale richiedeva per accedervi, una prova di abilità nel campo del disegno classico, per dimostrare la capacità e le attitudini dello studente prima di entrare, quindi non avevo troppa scelta. Mi sono cimentato ed esercitato moltissimo nella pratica del disegno accademico. In seguito questa attitudine al disegno si è rivelato non solamente un pensiero strategico, che però mi permetteva di entrare in Accademia, ma ha costruito una delle diverse possibilità per esprimermi. Il fatto di guardare alla strada e agli spazi pubblici per esprimermi è stata una necessità e una conseguenza naturale dettata del semplice fatto che non c’erano grandi prospettive né possibilità dedicati ai giovani artisti e soprattutto non era così facile inserirsi in quella dimensione che è quella del mondo dell’arte. Allo stesso tempo io avevo necessità di dialogare con quello che già c’era, che era già stato creato anche dal tempo e dal caso, che lasciano tracce sulle superfici dei palazzi antichi o diroccati caratterizzando i materiali e le superfici. Mi interessava molto analizzare questo fenomeno facendo dialogo il mio io, attraverso il filtro personale e poetico, con quello che esisteva già fuori di me, che non andare a l’Accademia perché la vivevo come una situazione molto più fredda e impersonale. Mentre mi recavo all’Accademia a piedi attraversavo strade che nutrivano questo pensiero. Avevo tantissime idee, poi quando mi mettevo seduto in aula per assistere alle lezioni, queste idee fuggivano, si scioglievano e, in qualche modo, spariva anche l’ispirazione. Maturai l’idea che lo spazio estetico della superficie era importante perché mi permetteva, inoltre di soddisfare la necessità non solo di studiarle e di utilizzarle ma che mi permettessero di comunicare con un numero più ampio di persone e che queste fossero più eterogenee possibili, non solo limitate agli addetti ai lavori del mondo dell’arte. Ero inoltre affascinato dai materiali delle superfici e dal dialogo tra queste molto più che dalla tela bianca e i colori a olio.
LG: Nel 2011 ti sei trasferito all’Accademia delle Belle Arti di Roma. Quanto ha influito la tua esperienza in quella città carica di arte e di storia?
GB: Ho sempre avuto una grande predilezione per i grandi maestri della pittura italiana, che sono fondamentali per la formazione di un’artista, quindi ho scelto di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Roma. Inoltre credo che la formazione storica sia fondamentale anche per la contemporaneità perché spesso si ha la sensazione che dietro ai giovani artisti non ci sia nulla. Per me, invece, è stato fondamentale conoscerli e studiarli. Roma era la città che mi proponeva una dimensione e quello scenario carico di storia e carica di quell’estetica antica della quale ancora vivo l’influsso. Ho bevuto la verità che ha influito molto sul mio modo di lavorare e che ho continuato a approfondire. In quella storia e in quell’arte vedo la nostra dignità oltre che il nostro patrimonio culturale che mi, ci permette di continuare a imparare.
LG: A differenza di molti street artist hai formulato un linguaggio e una poetica che non rinnega il tuo passato artistico, al contrario. Gli spazi urbani l’hanno amplificato mostrandoci a volte il lato più intimo dell’uomo. E’ così?
GB: Allo stesso tempo, paradossalmente, i professori dell’Accademia di Belle Arti di Roma mi lasciavano molta più libertà a livello di proposte per cui avevo molte più possibilità per esprimermi, ad esempio, negli gli spazi pubblici. Preparavo i lavori dei poster, dei disegni che in seguito incollavo per le strade e mostravo ai professori sia il primo bozzetto che le fotografie del lavoro realizzato, adattato alla situazione che avevo scelto nello spazio urbano.
LG: L’esperienza come street artist ti ha portato a sperimentare molti materiali tra i più diversi, vetro, legno, metallo, ma anche emulsioni fotografiche sensibili alla luce. Mostri una abilissima padronanza nel governare questi materiali per trarne figure che vengono da lontano.
GB: Credo che gran parte dell’estetica d’arte urbana abbia assorbito molto da una certa estetica americana, per certi versi molto lontana dalle nostre radici. Quella americana, seppur interessante, è più vicina alla pubblicità e a un certo tipo di immaginario che è invece molto lontano nel nostro patrimonio culturale e dal nostro territorio. In qualche modo il mio lavoro cerca di decolonizzare lo spazio pubblico invaso dal linguaggio della pubblicità e quindi da un’estetica anglosassone per riportarlo a quello che è proprio. Aggiungendo, necessariamente, il mio filtro personale e un adattamento di questi racconti contemporanei che vado a raffigurare.
Ho sempre avuto una enorme curiosità per la ricerca e la sperimentazione dei materiali più diversi. Credo che al giorno d’oggi gli sviluppi tecnologici siano molto avanzati, più di quello che si possa immaginare e molti di questi possono essere utilizzati nella dimensione artistica. Quello che mi interessa è coniugare l’esperienza dei grandi artigiani, di cui ormai restano pochi e con cui spesso trovo un enorme piacere collaborare perché loro sono i padroni della tecnica e della materia stessa. Alla loro sapienza aggiungo le mie idee e insieme do vita alle mie opere attraverso la mia visione che è più contemporanea ma si basa su un sapere antico.
LG: I tuoi lavori che hai esposto nel parco della villa di PPI Partners mi hanno ricordato Alberto Giacometti che, ossessionato dalla forma, usciva dallo spazio ristretto della tela per poi disegnare sul muro al fine di cogliere la somiglianza della persona ritratta e il suo spessore psicologico. E’ azzardata questa mia impressione?
GB: Ricordo molto bene la prima volta che ho visto i lavori di Giacometti, i disegni e i dipinti. Sono rimasto molto colpito per la libertà della linea e quella sensazione della forma. Allo stesso tempo avvertivo il limite della tela, che è sempre quasi costruito e imposto attraverso, ad esempio, il formato. Giacometti ne è un esempio. A volte eseguo dei lavori in studio che acquisisce un senso dentro allo studio stesso grazie a quello che è successo intorno alla tela all’ ambiente. Mi interessa molto la dimensione di riuscire a costruire atmosfere in un ambiente e non tanto quella di realizzare un lavoro su tela con tutte le costrizioni che le dimensioni e le tecniche di pittura comportano. In ogni caso, mi interessa molto di più la pittura come un mezzo che con la sua forza trasforma e creare un ambiente e uno spazio che non caratterizzare una piccola porzione di quello spazio perché la pittura limitata al supporto e al formato è, alla fine, un oggetto.
Alberto Peroni (Studio PPI & Partner): “Queste esposizioni nascono da una passione dei soci per l’arte contemporanea”
LG: Lo Studio PPI & Partners Dottori Commercialisti ospita la mostra dei graffiti su vetro di Gonzalo Borondo, artista madrileno, nel suggestivo giardino della vostra sede. Come è nato il progetto?
Da anni cerchiamo di appoggiare iniziative del territorio come Fotografia Europea. Quest’anno gli amici della galleria Spazio C21 ci hanno proposto una collaborazione per dare continuità alla iniziativa della esposizione di Gonzalo nella loro sede, anche presso la nostra. L’artista e le opere ci hanno immediatamente colpito, oltre al talento di Gonzalo, abbiamo apprezzato anche la fantastica persona. Devo dire che con lui, con Eugenio Sidoli e Sandra Varisco è nato un bel team e penso che la collaborazione potrà proseguire su altri interessanti artisti. Questi i motivi per i quali non ci siamo fatti sfuggire l’occasione di organizzare un’esposizione ed un conseguente momento di incontro tra amici e clienti. Lo Studio può diventare infatti un luogo di incontro, un luogo aperto, un luogo anche conviviale in cui far convivere arte e cultura e anche occasioni di incontro e di business.
LG: Le opere di Gonzalo Borondo si armonizzano perfettamente nello spazio verde, sono state progettate e realizzate site specific ?
Sono opere che rientrano in un progetto non espressamente prodotto per la nostra sede ma ci inorgoglisce la domanda, che ci hanno già rivolto, ciò evidenzia che l’installazione è stata perfettamente curata dalla galleria e dall’artista e tutti hanno potuto ammirare le opere in un contesto che le ha ben accolte e valorizzate; in effetti i nostri spazi esterni si prestano molto ad eventi di questo tipo. Anche i light box che Gonzalo ha posizionato all’interno e nella sala riunioni stanno riscuotendo un notevole apprezzamento tra i nostri clienti. Un solo rammarico, il meteo inclemente delle settimane precedenti, ha impedito a Gonzalo di fare un’installazione molto molto grande su uno dei nostri pannelli pubblicitari presenti in giardino; un progetto che non abbandoneremo.
LG: Lo Studio PPI & Partners Dottori Commercialisti è da tempo che si interessa all’arte contemporanea? Alle pareti dello Studio vi sono altre opere che suggeriscono un interesse verso il collezionismo, é così?
Per l’inaugurazione dello Studio nel gennaio del 2006, abbiamo ospitato le opere dell’amico, e artista internazionale, Davide Benati; da quel giorno, lo Studio ha sempre espresso quella che è una passione anche dei soci per l’arte contemporanea. Non possiamo parlare di una collezione ma piuttosto di un percorso. Sicuramente l’arte contemporanea è un interesse che abbiamo e le opere ospitate sono diverse, vanno dalla fotografia, alla pittura, alla scultura. Abbiamo opere di Benati, Parmiggiani, Kenna, Hirst ed anche di giovani artisti che abbiamo ospitato nelle varie edizioni di Fotografia Europea. Confidiamo infatti che questo renda ancora più accogliente il nostro ambiente con le sensazioni che l’arte contemporanea può trasmettere, a vantaggio di chi ci lavora e dei nostri clienti. Non neghiamo che speriamo di poter ospitare anche qualche opera di Gonzalo oltre la permanenza della mostra.
LG: Avete altri progetti nel cassetto?
Il periodo della pandemia aveva fortemente limitato la possibilità di iniziative aggregative come un evento espositivo, una mostra, un vernissage. Come Studio siamo sempre aperti a novità ed all’innovazione, quindi proseguiremo certamente questo percorso organizzando, almeno con cadenza annuale, dei progetti che possano coniugare arte, cultura oltre ad essere occasioni di incontro per i clienti. Siamo molto attivi sul territorio su molti fronti, cerchiamo di creare valore aggiunto per i clienti, di creare un buon ambiente di lavoro con l’obiettivo di migliorarci sempre.
PPI & Partners Dottori Commercialisti è uno studio professionale indipendente, specializzato in servizi di consulenza societaria, fiscale ed amministrativa per il mondo delle imprese. I soci, tutti Dottori Commercialisti e Revisori Contabili, vantano una vasta esperienza maturata collaborando con primari studi della città, aziende di prestigio, tribunali, facoltà universitarie ed enti locali.
PPI&Partners nasce con l’obiettivo di rappresentare un’adeguata risposta alle diverse esigenze del mercato e di fornire un servizio di consulenza societaria, tributaria e contrattuale, sia in ambito nazionale che internazionale con caratteristiche innovative, personalizzate, efficaci ed efficienti. La sede è in Via Fratelli Cervi, 80 – 42124 Reggio Emilia (RE)