di Angelo Torelli, vicepresidente Unitalsi RE
REGGIO EMILIA – “La guerra è finita, il nemico è scappato, è vinto, è battuto”. Una formidabile sequenza di verbi al passato, definitivi. Questa era anche la mia percezione ogni volta che visitavo un Sacrario militare come questo e con la Costituzione mi ripetevo silenziosamente: mai più. Oggi è diverso. Davanti al plastico che illustra le linee di confine della Grande Guerra che si spostano di qualche chilometro avanti e indietro ad ogni battaglia, mi sembra di leggere Mariupol, Kramatorsk… Due donne sfogliano le pesanti pagine metalliche del libro che ricorda i caduti. La loro fronte e i gesti lenti dicono che non stanno leggendo nomi sconosciuti, ma dolore, sogni interrotti, famiglie mai nate …
Stamattina qui ad Asiago c’è stato un grosso temporale che abbiamo evitato per un pelo. Ora il cielo è blu ed usciamo dall’edificio solenne, non siamo stati semplici curiosi. Don Giuseppe improvvisa una magnifica preghiera per la pace e per i defunti: la comunione dei santi esiste! Proprio al termine della preghiera, per coincidenza (o no?) dagli altoparlanti esce l’inno nazionale, seguito dal “silenzio”. Due uomini si irrigidiscono istintivamente nel saluto militare. Noi siamo una combriccola sempre chiassosa, ma adesso nessuno parla.
“Lo vedi il treno che portava al sole”. L’arrivo della ferrovia aveva cambiato tante cose qui sull’Altopiano. Poi la costruzione della strada l’aveva resa inutile, allora hanno tolto i binari ed ora sullo stesso tracciato passano le biciclette… e le carrozzine dell’UNITALSI. Siamo amici di una vita e amici nuovi che vengono da tante provincie dell’Emilia Romagna. Ci sono anche, magia di internet, alcuni del Lazio e della Calabria. Camminare salda immediatamente le relazioni, con la complicità di tutta la potente inclusività del gruppo storico. Siamo davvero dei simpatici casinisti: come al solito occupiamo tutta la carreggiata, ma i ciclisti e gli altri escursionisti non si dimostrano troppo infastiditi; al contrario colgono con divertimento gli scherzi e persino l’invadente esuberanza di qualcuno dei nostri. Qualcuno rallenta il passo e cammina con noi. “Chi siete?”. “E l’alluvione?” Ecco perché non usiamo i pulmini per arrivare direttamente alla meta! A metà di una galleria del treno lo scavo ha intercettato una piccola grotta naturale. Dentro questa gli altopianesi hanno collocato una Madonnina e noi ci troviamo a casa sotto quello sguardo. Esattamente come ieri, al santuario di Chiampo. Lo chiamano a ragione “la piccola Lourdes”: infatti anche lì abbiamo potuto intravedere in trasparenza la bellezza di Dio. Che sia stato questo punto di partenza a dare il colore ai giorni seguenti?
“Aghi di pino e silenzio e funghi…”. Pochi chilometri cambiano il panorama, qui in Altopiano. Da un contesto collinare e rurale si arriva in un attimo ai boschi alpini. Ancora una volta parcheggiamo i mezzi e ci incamminiamo con le nostre carrozzine. E’la formula ventennale di questa esperienza, progettata e vissuta per essere vacanza per tutti: volontari e disabili. Ma dove sta il confine tra gli uni e gli altri? Tra le risate si trova spazio per i racconti a tu per tu: è evidente a tutti che la vita non risparmia nessuno. Il clima stesso di questi giorni testimonia però la possibilità di prendere un respiro, se non addirittura di riuscire a vedere la propria storia nel quadro di quella Venuta che a tutto può dare un senso.
“…buoni da mangiare, buoni da seccare, da farci il sugo quando viene Natale”. De Gregori dipinge in pochi tratti una atmosfera di famiglia: ci si trova in un attimo dentro una nebbia calda e serena, che i bambini non vogliono lasciare. Nella ritualità natalizia ognuno ha il suo posto. Il ruolo dei nonni è diverso da quello dei genitori e dei bimbi, ma non è possibile dare importanza maggiore agli uni o agli altri: senza una qualunque delle componenti la festa non sarebbe completa. Oltre al Festeggiato di Natale, ben presente anche qui, nei giorni insieme abbiamo sperimentato proprio questa stessa complementarietà dei ruoli. Ed è stata festa vera.