di Giuseppe Adriano Rossi

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REGGIO EMILIA – Certamente il cardinale reggiano Raffaele Scapinelli, di cui il 16 settembre ricorre il novantesimo della morte, è stato uomo di pace e ha cercato in tutti i modi di assolvere questa missione affidatagli dal Papa nonostante prove e umiliazioni.

Infatti lui, nunzio apostolico a Vienna e decano del Corpo diplomatico, latore di un messaggio di Papa Pio X per scongiurare nel 1914 la guerra – quella che poi il successore Benedetto XV definì l’inutile strage – per una giornata intera fu fatto attendere nell’anticamera dell’imperatore Francesco Giuseppe e non fu ricevuto. Due anni dopo, per disposizione di papa Benedetto XV amministrò l’estrema unzione all’imperatore asburgico morente.

La figura dell’illustre porporato – diplomatico e sacerdote impegnato a sostenere la presenza dei cattolici nella società civile – è stata delineata dall’arcivescovo Morandi nell’omelia della Messa presieduta questa mattina, sabato 16 settembre, nella cripta della Cattedrale nell’anniversario della morte. Hanno concelebrato mons. Carlo Pasotti e don Vasco Riosselli; all’altare i diaconi Entico Grassi e Vittorio Magnanini.

Raffaele Scapinelli, 2º seduto da sinistra

Brillante intelligenza, capacità di studio, servizio integrale al Vangelo e alla Chiesa hanno contraddistinto il cardinale Scapinelli di Leguigno, fondatore del settimanale “Il Reggianello”, nei tempi faticosi della questione romana; periodico che può essere definito antesignano de “La Libertà”.

Sosteneva l’impegno coraggioso e senza arroganza o complessi di inferiorità dei cattolici nella società perché fossero parte attiva e propositiva della comunità.

A porporato non mancarono difficoltà, fatiche, incomprensioni e soprattutto sofferenze nella lunga malattia, ma mai venne meno al suo ministero, soprattutto per la difesa della pace, come per tutto il secolo ventesimo e anche ora la Chiesa con i suoi massimi esponenti cerca di perseguire.

L’arcivescovo ha sottolineato che al cardinale Raffaele Scapinelli di Leguigno possono benissimo adattarsi i due criteri indicati nel brano evangelico proposto dalla liturgia c. Innanzitutto, l’albero si riconosce dai frutti e il porporato mai venne meno al suo impegno di amore e di fare del bene senza distinzioni. Poi la saldezza nella prova come la casa costruita sulla roccia.

Il porporato è stato un uomo di Dio, ha vissuto nell’umiltà al servizio della Chiesa; ha speso la sua vita per promuovere la pace; è stato veramente un dono grande sia per la Chiesa reggiana che per quella universale e un modello nell’assolvere con tanta responsabilità il proprio ruolo di cristiano nella comunità ecclesiale e civile.