Di Giuseppe Adriano Rossi
REGGIO EMILIA – Il profeta nella tradizione ebraica è colui che è chiamato dal Signore a una particolare e intrinseca relazione con Dio; con lui parla, come Mosè che usciva dal colloquio con il volto raggiunte.
A questa figura l’arcivescovo Giacomo ha dedicato le meditazioni nel ritiro spirituale da lui guidato sabato 14 settembre per l’Unità Pastorale Santi Crisanto e Daria, che comprende le parrocchie del Centro storico: Santi Agostino, Stefano e Teresa, parroco don Luca Grassi e parrocchia dei santi Pietro e Giacomo, parroco don Alessandro Ravazzani.
Un ritiro partecipato che ha anticipato quanto mons. Morandi chiederà a tutte le Unità Pastorali della diocesi nella lettera che sarà pubblicata in occasione della convocazione ecclesiale del prossimo 28 settembre: iniziare l’anno pastorale con un ritiro spirituale.
Perché il tema “Profeti di Speranza? È questo il terzo anno del cammino sinodale, proprio imperniato sulla profezia, che è coniugata con la speranza. Il profeta, ha sottolineato mons. Morandi, è colui che è chiamato a “mangiare, ruminare –come dicevano i padri della Chiesa” la Parola di Dio.
Nella sua meditazione, condotta in stile colloquiale, empatico, coinvolgendo i partecipanti, l’arcivescovo ha citato ampiamente brani dell’Antico e Nuovo Testamento e Sant’Agostino, ma anche autori recenti: da Leopardi a Frossard. L’autore di “Dio esiste, l’ho incontrato”, a Buzzati, Andreoli, don Divo Barsotti.
Dio è una persona in cui l’uomo si imbatte, si incontra nella preghiera, che deve essere ben preparata. Come scrive San Paolo, profeta delle nazioni, il Signore lo ha conquistato “sedotto”; e arriva ad affermare: per me infatti vivere è Cristo. Il cristiano oggi può dire altrettanto della sua fede? La vita cristiana è veramente rapporto con Cristo? E ha usato il termine “Cristoformità“, cioè avere gli stessi sentimenti di Gesù, ben sapendo che tiene le redini di tutto è Dio.
Una particolare raccomandazione ha rivolto mons. Morandi: evitare la banalità, la mediocrità dai nostri discorsi d’ascensore. I profeti hanno inoltre il compito di risvegliare la memoria; il dimenticare ciò che Dio ha dato è stato la causa del grande peccato di Israele: l’infedeltà. Sarebbe bene, ha consigliato l’Arcivescovo, che ognun avesse un libricino aggiornato in cui annotare i tanti benefici ricevuti da Dio. E poi il convertirsi, cioè il ritornare al Signore, che è “geloso” e ottimo cardiologo, perché ben conosce il cuore umano. E infine, niente compromessi, ma radicale amore al Signore e togliere le altre divinità che albergano in ciascuno. E al riguardo ha citato l’immagine del mulo, animale sì forte, ma sterile.