NOVELLARA (Reggio Emilia) – “Arte e scienza hanno tante cose in comune, la curiosità, la sperimentazione, la profondità di pensiero, l’interpretazione della realtà e della vita, l’immaginazione, lo studio, l’impegno e la tolleranza del dubbio e dell’ambiguità che sono le colonne dell’immaginazione e della libertà espressiva”: comincia così il percorso espositivo allestito nei luminosi spazi dell’Ex Macello di Novellara, in via Mascagni, 13, che ospita da un paio di settimane la mostra di dipinti del Dott. Marco Ruini.
Grandi tele minuziosamente dipinte ad olio con colori sgargianti e un pullulare di personaggi fantastici immersi in mondi ispirati alle osservazioni microscopiche ma anche a giardini metamorfici e luoghi dell’immaginario, accompagnate da bozzetti preparatori che aiutano a ripercorrere la cifra compositiva dell’autore e a focalizzare l’attenzione su alcuni dei soggetti che compongono i quadri.
“Ogni aspetto della cultura è ibrido, è contaminato dalle altre branche del sapere, dalle nuove e continue conoscenze. Arte, storia, filosofia, metafisica, scienze si intrecciano e si contaminano a vicenda”, spiega Ruini, direttore scientifico, oltre che del Centro Medico Anemos di Reggio Emilia, dell’omonima rivista trimestrale “Anemos”, che da più di dieci anni si propone di divulgare tematiche proprie delle Neuroscienze in un’ottica interdisciplinare di confronto con le altre discipline, avvalendosi di contributi di specialisti da ambiti professionali diversi. Per il 22 marzo prossimo, presso il Centro Sociale Buco Magico, è prevista la presentazione dell’ultimo numero, dedicato all’arte e alla malattia.
Se “studiare le Neuroscienze può esserci di aiuto per capire l’effetto dell’arte sul nostro cervello e del cervello sull’arte”, ecco che la continua e prolifica produzione pittorica di Ruini, cominciata negli anni Settanta e mai interrotta, mostra l’apporto che il linguaggio figurativo può dare alla comprensione di temi spesso non facili, rendendo anche le diversità e le nuove frontiere della ricerca motivo di uno sguardo allargato sulla bellezza del mondo e, infine, di noi stessi in relazione con i molti e possibili mondi che solo in parte conosciamo.
La mostra presenta solo una parte di questo lungo lavoro: accanto a un paio di opere che a fine anni ’70 e anni ’80 sembravano anticipare la schizofrenia di una società caratterizzata dal consumismo e dall’egocentrismo dell’individuo, gli ultimi quadri, accompagnati dai testi con cui l’autore rende meno intuitiva la lettura ma offre con scrittura puntuale e sintetica chiavi di lettura per un percorso ragionato, che è diventato anche un volume, a breve disponibile, che continua il precedente “Con gli occhi e con la mente. Contaminazioni tra scienza e arte” (Consulta, 2022).
Con simile intento, ma utilizzando il linguaggio della poesia, i due libri che saranno invece presentati giovedì sera, alle ore 20.45: “Il linguaggio del mondo”, riccamente illustrato da dettagli delle opere di Ruini, e “Attesa di qualcos’altro”, in cui è invece il segno delicato e istintivo di Maria Pellini a interpretare col segno grafico la parola, in un continuo rimando tra comunicazione verbale e visiva. A presentarli l’editrice Elisa Pellacani e l’artista Mario Pavesi, in dialogo con i due autori.
Dopo l’apertura della mostra, che è stata occasione per il conferimento da parte del Sindaco e dell’Assessore alla Cultura della cittadinanza onoraria a Ruini, “Arte e vita. Contaminazioni tra scienza e arte” ha dipanato un cartellone ricco di appuntamenti, sempre giocati sull’incontro tra le prospettive diverse eppure complementari della scienza e del fare artistico, come l’incontro tra Ruini e il pittore Davide Vezzani della settimana scorsa e quello previsto a chiudere la mostra, sabato prossimo, con Mario Pavesi, Davide Vezzani e Veronica Riccò. Fonte di ulteriore sorpresa la presentazione, in un’installazione continuata, delle animazioni digitali realizzate da Samuele Huynh Hong Son con cui due dei quadri di Ruini, “La bellezza della fragilità” e “Mare misterioso”, si muovono quasi a prendere vita, trasportando il pubblico in una dimensione di sogno che sembra, nella tridimensionalità degli effetti e in quei colori liberati dalla fissità della tela, reale come un sogno ad occhi aperti, condiviso, quasi palpabile