di Giuseppe Adriano Rossi

REGGIO EMILIA – L’austero rito dell’imposizione delle ceneri è l’invito a vivere con intensità il tempo che abbiamo; è l’immagine del fiore del campo che ben presto dissecca. Può sembrare una riflessione amara, desolante, cruda, ma c’è un fondamento su cui poggiare la vita e organizzare il tempo. Scriveva Isacco di Ninive che l’uomo che riconosce la sua infermità e la sua debolezza è beato perché tale scienza sarà per lui fondamento di ogni cosa buona e bella. Lo ha affermato l’arcivescovo Giacomo introducendo l’omelia della solenne concelebrazione presieduta mercoledì 5 marzo in Cattedrale e ha aggiunto che è sapienza ricordarsi della propria debolezza.

Ha quindi sottolineato ai tenti fedeli convenuti in Duomo che è la relazione con Dio, la fede il fondamento su cui l’uomo costruisce la propria vita: non viene meno e assicura stabilità. La fede è relazione, affidamento, amicizia, frequentazione assidua con Dio. E riferendosi al brano del Vangelo di Matteo ha insistito sull’ascolto della Parola di Dio – che è luce, ma anche una spada a doppio taglio. Occorre dunque investire tempo, risorse, energie perché la Parola sia la roccia su cui si edifica la vita; a tutti è destinata per affrontare il combattimento contro il male. E ha rivolto un pressante invito: togliere la Bibbia dagli scaffali e leggerla. Il cammino della Quaresima – iniziato il mercoledì delle Ceneri – deve lacerare, purificare il cuore avviluppato in tanti lacci; inoltre, la forza del digiuno deve far scoprire che non si è liberi, ma condizionati; che ci si deve liberare dalla dipendenza da abitudini contrarie al Vangelo e dai vizi.

C’è chi digiuna per la silhouette, chi si dedica al fitness per stare bene; è fondamentale, però, digiunare per essere sensibili alle ispirazioni dello Spirito. I maestri spirituali sostenevano che il primo gradino per cambiare è vincere la gola, cioè la “gastrimarchia”, la voracità che condiziona e rende insensibili. Diventano allora indispensabili la sobrietà e l’essenzialità e i quaranta giorni della Quaresima sono propizi per esercitarle.

Il cammino quaresimale deve dilatare la capacità di amare, di vivere la carità nei vari ambienti: famiglia, lavoro, comunità cristiane. Ciò dà senso al tempo che scorre. Bisogna saper vincere risentimenti e rancore e ampliare lo spazio per il perdono; San Cassiano raccomandava di evitare la denigrazione.

Mons. Morandi ha insistito sul valore della misericordia: questo è il fine della Quaresima. Non serve proporsi e fare sacrifici se poi non c’è amore e misericordia. Un’interprete della LIS ha consentito di seguire l’omelia e le letture.