A seguito della comunicazione inviata dal Dipartimento di Educazione e Scienze Umane agli ex studenti di Scienze dell’Educazione degli anni accademici 2017/18 e 2018/19 per avvisarli che il loro corso di Laurea L-19 non sarebbe stato più sufficiente per lavorare nei servizi educativi della prima infanzia sia nel settore privato sia in quello pubblico, è intervenuta l’Assessora alle politiche educative di Reggio Emilia, Marwa Mahmoud: “L’amministrazione comunale e l’Istituzione Scuole e Nidi di Reggio Emilia seguono la vicenda con grande preoccupazione”. A farne le spese sono migliaia di laureati e laureate in diverse università di tutta Italia. Persone che hanno completato regolarmente un percorso universitario coerente con le funzioni educative e che, in molti casi, sono già inserite nel mondo del lavoro, si trovano oggi a vedere messo in discussione il proprio titolo di studio a causa di un disallineamento normativo. Numerosi enti locali, già alle prese con una grave carenza di personale educativo, rischiano di perdere risorse qualificate che hanno già prestato servizio nei nidi e nelle scuole dell’infanzia, sia a tempo determinato sia indeterminato. Si tratta di professionisti e professioniste formati, con esperienza sul campo, che garantiscono quotidianamente la qualità e la continuità dei servizi in particolare per la fascia 0-3 anni. È inaccettabile che a pagare le conseguenze di ritardi burocratici siano le persone. Poiché la responsabilità di questa situazione deriva da un vuoto legislativo e interpretativo a livello nazionale, e non riguarda solo l’Università di Modena e Reggio Emilia, è indispensabile una soluzione a livello centrale.
Come Pubblica Amministrazione siamo disponibili al dialogo al fine di promuovere un tavolo di confronto con tutti i soggetti coinvolti per monitorare l’impatto concreto che queste esclusioni potrebbe avere sulla tenuta dei servizi per l’infanzia, soprattutto in un momento particolarmente delicato. Infatti, grazie ai bandi del Pnrr, sono state fatte scelte importanti per ampliare significativamente l’offerta educativa e rispondere così ai bisogni dei bambini e alle esigenze di conciliazione tra tempi di vita e lavoro delle famiglie.
A Reggio Emilia, grazie al sistema pubblico integrato, la scolarizzazione per la fascia 0-3 anni è passata dal 57,12% nell’anno scolastico 2023/24 al 61,20% nell’ultimo anno scolastico, a fronte di una media nazionale del 28%. Questa scelta di espansione nasce dalla profonda consapevolezza del ruolo fondamentale dei nidi d’infanzia: accogliere i bambini al nido permette a molti genitori, soprattutto alle madri, di poter lavorare. Ma non solo, Save the Children, nel suo Atlante dell’Infanzia 2024, ricorda inoltre che in Italia il 14,7% dei bambini da 0 a 3 anni vive in condizioni di povertà assoluta, e che il 58,1% dei bambini tra gli 11 e i 15 mesi trascorre quotidianamente il proprio tempo davanti a schermi come tablet, smartphone o TV. In un contesto simile, i nidi d’infanzia offrono ai bambini un’esperienza educativa ricca e rappresentano per loro e per le famiglie un presidio sociale fondamentale, che favorisce la cittadinanza attiva e un concreto sostegno alla genitorialità, contribuendo a ridurre sin dalla prima infanzia le disuguaglianze legate alle diverse condizioni sociali delle famiglie di origine. Tutto questo è possibile grazie al fondamentale lavoro delle insegnanti, che ogni giorno garantiscono questi servizi con grande professionalità, nonostante l’aumento delle complessità, anche normative, che ha generato carenza e affaticamento del personale.
I nidi d’infanzia rappresentano un contributo essenziale alla crescita della comunità e alla coesione sociale, elementi che devono caratterizzare l’intero sistema scolastico. Consapevoli di tutto ciò – sottolinea l’assessora Mahmoud – siamo al fianco di tutte le persone coinvolte in questa vicenda e disponibili a cercare insieme una soluzione, con particolare attenzione alle lavoratrici e ai lavoratori dei nidi, a cui va tutto il nostro sostegno. È necessario un chiarimento ufficiale e univoco da parte del Ministero che permetta il riconoscimento dei titoli. Occorre introdurre una norma transitoria o sanatoria, in linea con i principi di ragionevolezza e continuità amministrativa, che riconosca e valorizzi i percorsi già compiuti, evitando che il sistema perda figure professionali indispensabili. Per garantire la tenuta dei servizi rivolti a bambini e famiglie e nel rispetto delle preziose figure professionali coinvolte, è urgente e necessario che lo Stato si faccia carico di questa situazione, trovando una soluzione nazionale a una problematica nazionale. Solo così si potrà evitare che una rigidità normativa comprometta la continuità dei servizi educativi e il diritto al lavoro di migliaia di persone che hanno agito nella piena legittimità”.