di Andreina Pezzi

REGGIO EMILIA – Lo spettacolo di sabato 1 novembre 2025, al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia inserito nel programma di Festival Aperto, inizia dal primo momento in cui entriamo a prendere posto. Il coro e i musicisti ci attendono già sul palco e in quei minuti di attesa, mentre la sala si riempie, siamo già parte della scena.

E’ “P.P.P. – Profezia è Predire il Presente”, un elegante reading-concerto ideato e interpretato da Massimo Zamboni, in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa di Pier Paolo Pasolini.

Il pubblico e gli artisti si osservavano in un equilibrio sospeso manifestando il tema della serata: tornare parte della storia narrata.

L’opera non propone una novità nella struttura, ma si distingue per un raffinato intreccio di musica, poesia e riflessione, in un dialogo continuo tra parola e suono. Accanto a Zamboni (voce e chitarra), si sono esibiti Erik Montanari (chitarra e voce), suo compagno di viaggio da circa vent’anni e Cristiano Roversi (tastiere, stick, basso), musicista, compositore italiano, attivo fin dagli anni ’90, membro fondatore della band progressive rock Moongarden; ha lavorato in numerosi progetti sia come esecutore sia come produttore, con Zamboni collabora da una ventina d’anni. Nota di merito per il coro diretto da Gaetano Nenna.

Tra i momenti più intensi vissuti durante la serata c’è stato l’intervento del Coro Interculturale di Reggio Emilia, che ha avuto infatti un ruolo decisivo. Voci calibrate e profonde, hanno saputo trasformare la musica in un’esperienza coinvolgente, capace di restituire un senso di partecipazione. In uno spettacolo dal linguaggio alto, il coro ha rappresentato un ponte emotivo con il pubblico, ha reso ogni passaggio accessibile e autentico. Nenna, non solo docente di Conservatorio, guida magicamente un ensemble di coristi provenienti da diversi paesi, in un gruppo che valorizza l’inclusione e la diversità, accogliendo voci e storie differenti. Con competenza il maestro ha portato sul palco una sobria eleganza di chi vive la musica non solo come esibizione. Non si è imposto ma ha armonizzato il tutto. In perfetto stile con lo spirito dello spettacolo, dove la misura, l’eleganza e la profondità sono stati i veri protagonisti. Infine non di minore importanza è la splendida Anna Della Rosa che partecipa come voce recitante duettando con Zamboni per tutto lo spettacolo. Anna è attrice e performer teatrale italiana, riconosciuta con premi importanti come il Premio Duse 2024.

Già dalle prime battute l’introduzione in dialetto friulano ha reso lo spettacolo più vicino e umano. Ha riportato alla memoria le origini pasoliniane e ci ha immersi in una dimensione concreta, semplice e autentica. È stato come riscoprire Pasolini da dentro insieme alla sua lingua più intima.

E’ da ammettere, Pasolini per me non è mai stato un autore facile. È uno di quei nomi che ho letto e compreso a strati. Eppure attraverso la voce di Zamboni, dalla cadenza emiliana, Pasolini mi è apparso più umano, più vicino più comprensibile finalmente.
Come ha ricordato lo stesso Zamboni: “Le scuole non lo insegnano, e se non sei uno studente universitario, difficilmente impari a conoscerlo.”  Purtroppo però anche questa volta tra il pubblico nessun liceale ma il SoldOut è stato provocato grazie a spettatori usciti dall’università da diverso tempo.

Un’esperienza che parla ancora

P.P.P. – Profezia è Predire il Presente non è stato un semplice omaggio, ma una riflessione sul nostro tempo attraverso la voce di uno dei più lucidi pensatori del Novecento.

Non prediligo Zamboni come cantante, ma resta una figura che stimo per eleganza e delicatezza artistica nella scrittura, con qualità rare e autentiche. Avrei apprezzato di lui un maggiore spazio con la chitarra, che considero la sua vera voce. Lo ha dimostrato nell’ultimo brano, dove il dialogo di strumenti insieme a Montanari ha saputo restituire con forza e chiarezza la tensione dei pensieri di Pasolini. Erik Montanari che lo accompagna da anni, in questo spettacolo ha saputo confermare precisione tecnica e sensibilità. La sua chitarra ha dialogato con Zamboni in modo misurato, sostenendo le atmosfere e aprendo squarci nei momenti narrativi. Montanari non è un semplice esecutore, ma un interprete capace di spingere avanti la tensione emotiva del racconto per tutta la serata.

A tratti ho sentito l’esigenza di una voce che si alternasse con più energia alla delicatezza sostenuta nei racconti di Zamboni e di Anna Della Rosa. Interpretazioni senz’altro finissime, in un tono però che tendeva a cullarci e non a scuoterci.

Che fosse proprio questa la chiave dello spettacolo? la volontà di non imporsi, ma farci entrare piano, con rispetto e senza enfasi, nel mondo di Pasolini, un mondo che continua a parlarci.

È stato un viaggio collettivo esteso dalla scena alla platea, di cui Emanuele Aldrovandi ne ha dato la lettura scenica, dove nessuno era di troppo. Un’esperienza che ci ha ricordato come l’arte tiene in vita la storia.

E chissà, sarebbe uno spettacolo perfetto per le scuole e non uscire dal liceo senza aver conosciuto Pasolini. Sarebbe esperienza viva di linguaggio, musica e memoria. Ma i tagli all’istruzione li conosciamo bene e come concorderebbe Zamboni, “anche gli artisti non vivono d’aria”.